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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 6 gennaio 2024

Le proposte di legge. 400mila le persone fragili che attualmente beneficiano della legge 6 usufruendo di un Amministratore di sostegno. Ma in parlamento è stato depositato solo il testo di Cuperlo, Ciani (Pd) e Dori (Avs). Dalla società civile arrivano impulsi - di segno opposto - a riformare la legge 6/2004. Da una parte c’è la richiesta di mettere più paletti ai poteri dell’Ads e più garanzie a tutela dell’amministrato, che è stata raccolta dall’associazione radicale “Diritti alla follia”. La loro proposta di legge (mai depositata in Parlamento per mancanza di referenti politici) evoca la Convenzione Onu per i Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 18/2009.

Tra i punti salienti, il testo stabilisce - oltre al superamento dell’interdizione e dell’inabilitazione - che “le funzioni di giudice tutelare possono essere esercitate solo da giudici togati”; che la nomina dell’Ads debba avvenire contestualmente a quella di un avvocato di fiducia o d’ufficio; che ad avanzare la richiesta di un Ads non possa mai essere un responsabile socio sanitario (per evitare ricoveri imposti nelle Rsa); che il giudice tutelare risponda entro 30 giorni “con audizione personale, anche attraverso strumenti telematici” alla richiesta di ascolto dell’amministrato; che solo il beneficiario possa decidere a chi, tra i suoi familiari e amici, debba essere precluso il controllo sull’operato dell’Ads; che né l’Ads né il giudice tutelare possano sostituirsi all’amministrato nelle decisioni cosiddette “personalissime”, ossia riguardanti il luogo dove vivere, le persone da incontrare e frequentare, la propria vita affettiva e di filiazione, e e altri aspetti del diritto privato. Inoltre, per evitare la professionalizzazione della figura dell’Ads, si propone che ogni amministratore possa adottare al massimo un beneficiario, e fino a tre se gli amministrati sono legati da parentela.

A recepire la spinta opposta, invece, c’è alla Camera la proposta di legge del Pd sottoscritta anche da Avs che arriva dalle precedenti legislature, quando è stata depositata anche dal M5S. A giugno di quest’anno è tornata a firma Gianni Cuperlo, Paolo Ciani e Devis Dori: nella prima parte mira anch’essa ad abolire le “anacronistiche” interdizione e inabilitazione, mentre nella seconda parte insiste sulla “protezione” degli adulti disabili o fragili, allargando il parterre a tutte le “persone svilite”, prive cioè, di “inadeguatezza gestionale”. Pur muovendosi nel solco già delineato dalla legge 6/2004 di contemperamento tra libertà e protezione, tenendo conto del “cambiamento radicale che la soppressione dei vecchi istituti” di interdizione e inabilitazione comporta, la pdl del centrosinistra prevede una “protezione di tipo dinamico” con “rafforzamento del ruolo affidato al giudice tutelare”. Per esempio, in alcune circostanze “limite”, il giudice tutelare può disporre il divieto per il beneficiario di contrarre matrimonio o divorziare, di fare testamento, di riconoscere o disconoscere dei figli, di scegliere dove andare a vivere, chi incontrare, ecc. Insomma, una legge che ridefinirebbe la figura dell’Ads e delle libertà civili degli amministrati fragili. E il rischio è molto alto.