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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 29 agosto 2023

La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza rilevante riguardante una controversia legale sollevata dal ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, e il detenuto Rosario Grasso, nato il 20 luglio 1982 a Gioia Tauro. Il caso riguarda l’applicazione del regime differenziato del 41 bis previsto dall’Ordinamento penitenziario, in particolare le restrizioni sugli orari di cottura dei cibi. L’ordinanza del Tribunale di sorveglianza de L’Aquila aveva rigettato il reclamo dell’Amministrazione penitenziaria contro l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza che aveva concesso a Grasso il permesso di cucinare senza limiti di orario. La Cassazione è intervenuta per chiarire la legittimità di tale limitazione e la sua applicazione ai detenuti sottoposti al regime differenziato.

La vicenda ha avuto inizio con l’ordinanza del 17 febbraio 2021, emessa dal Magistrato di sorveglianza de L’Aquila, che aveva accolto il reclamo presentato da Rosario Grasso, detenuto al 41 bis, consentendogli di cucinare senza restrizioni di orario. Tuttavia, l’Amministrazione penitenziaria aveva presentato un ricorso iniziale per Cassazione contro questa decisione. La Corte, con sentenza n. 38403 del 6 maggio 2022, aveva annullato l’ordinanza del Tribunale. In quella sentenza i giudici supremi avevano rilevato che sebbene l’Amministrazione penitenziaria abbia il diritto di regolare gli orari per la preparazione dei pasti all’interno delle celle di detenzione, è importante notare che non era chiaro dalla lettura dell’ordinanza se questa limitazione oraria si applicasse solo ai detenuti sottoposti al regime differenziato o anche a quelli appartenenti ad altri circuiti, come i detenuti comuni assegnati alla sezione “Nuovi Giunti”. LaCassazione aveva sottolineato la necessità di chiarire questo aspetto.

L’obiettivo era verificare se l’esercizio del potere organizzativo da parte dell’Amministrazione penitenziaria potesse in realtà nascondere una discriminazione ingiustificata nel sistema penitenziario. Questa possibile disparità ingiustificata potrebbe assumere un carattere sostanzialmente vessatorio nel contesto concreto. Di conseguenza, la Corte aveva stabilito che l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale, per quanto riguarda questo particolare aspetto, dovesse essere effettuato con un rinvio. Questo rinvio avrebbe permesso al Tribunale di sorveglianza de L’Aquila di condurre un’ulteriore indagine e valutazione sulla questione specifica sollevata, ossia se la limitazione degli orari di cottura coinvolgesse soltanto i detenuti in regime differenziato o se riguardasse anche i detenuti comuni nella sezione “Nuovi Giunti”.

Celebrato il giudizio di rinvio, il Tribunale di sorveglianza d l’Aquila ha nuovamente respinto il reclamo dell’Amministrazione penitenziaria, ritenendo che la limitazione degli orari previsti per la cottura dei cibi determina un’ingiustificata disparità di trattamento tra detenuti comuni e detenuti sottoposti a regime differenziato. Il ministero della Giustizia aveva presentato un nuovo ricorso per cassazione, sostenendo che la limitazione degli orari di cottura per i detenuti sottoposti al regime differenziato fosse giustificata dalle esigenze di sicurezza e controllo. La sentenza recentemente depositata rappresenta il culmine di questa disputa legale. La Cassazione ha respinto tale argomentazione, affermando che la limitazione degli orari può essere giustificata solo se funzionale alla necessità di perseguire e consolidare l’ordine e la sicurezza nel contesto del regime differenziato.

La Corte ha sottolineato che l’Amministrazione penitenziaria non ha fornito una giustificazione sufficiente per questa disparità di trattamento tra i detenuti sottoposti al regime differenziato e quelli in regime ordinario. L’argomentazione dell’Amministrazione basata sulle esigenze organizzative non è stata considerata valida per giustificare la limitazione degli orari di cottura. In pratica non è riuscita a fornire una giustificazione adeguata per la disparità di trattamento basata sulla necessità di mantenere l’efficacia preventiva del regime del 41 bis. Si è limitata a delineare le specifiche esigenze organizzative sottostanti alla regolamentazione stabilita, ma queste spiegazioni, come osserva la Corte, non costituiscono da sole un motivo sufficiente per giustificare una discriminazione nei confronti dei detenuti. In altre parole, l’Amministrazione non ha chiarito perché una simile autonomia (garantita per i detenuti di altre sezioni) non sia estesa anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato. Ha spiegato il motivo per cui non è possibile limitare gli orari dei detenuti comuni, ma non ha giustificato la necessità di imporre questa limitazione ai detenuti del regime differenziato. La Cassazione ha respinto definitivamente il ricorso dell’Amministrazione penitenziaria.