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di Andrea Mirenda*

Il Dubbio, 24 ottobre 2023

Lo scontro interno all’Anm sul caso Apostolico mette in luce ancora una volta il “nominificio”, il vero nucleo degli interessi coltivati al Consiglio superiore della magistratura. Il ruvido scambio di gentilezze tra Area e Magistratura indipendente, quanto alla mancata adesione della seconda al comunicato unitario del Cdc di solidarietà alla collega Apostolico, getta luce una volta di più - se mai ve ne fosse bisogno - sul vero nucleo degli interessi coltivati al Consiglio superiore della magistratura. Parliamo del nominificio.

La sinistra giudiziaria, immemore delle scorpacciate di potere delle consiliature precedenti (“Fai come al solito: scegli chi deve andare e poi pubblichiamo il posto”. Così Fracassi a Palamara, giusto per non dimenticare…) e verosimilmente nervosa dopo un semestre di duro digiuno, accusa - in breve - Mi di collateralismo con le politiche dell’attuale governo, all’unico fine di conservarsi il serbatoio di voti dei laici di centro destra, essenziale - secondo la visione di Area - per pilotare le nomine dei dirigenti giudiziari da qui ai prossimi quattro anni.

Già questo basterebbe ai cittadini per saltare sulla sedia e invocare “ore rotundo” l’intervento immediato del Capo dello Stato, Presidente del Csm, al duplice fine di fare chiarezza sul punto e stoppare immediatamente, se vere e se del caso, le tristemente note conventicole simil-champagniste. Tuttavia, la denuncia di Area, nella sua crudezza, pone ancora una volta al centro della riflessione la madre di tutte le questioni: la palese incompatibilità della presenza in Consiglio di consiglieri “casaccati”, militarmente designati dal sistema correntizio e ad esso proni. Perché è la stessa Costituzione a esigere consiglieri indipendenti da influenze sia esterne che interne, come prerequisito naturale della libertà e dell’indipendenza del Csm stesso.

Principio che trova precisa eco nel Codice Etico dei Consigli di Europa, approvato a larga maggioranza anche dal Csm, lì dove raccomanda di evitare il frazionamento in gruppetti e camarille volti a limitare la libertà morale e deontologica del singolo consigliere, genuflettendolo alla parrocchietta di appartenenza. Esattamente quanto accade ancor oggi, tanto nelle commissioni quanto in plenum, dove il fenomeno ricorrente - ovviamente lì dove la polpa in contesa sia scarsa ovvero di assoluta rilevanza politica e tale da impedire l’unanimismo - è quello del voto “per gruppi”, plasticamente rappresentato dall’omogenea alzata di mano dei casaccati.

Appare, infine, del tutto sterile spingere ancora sulla leva dell’etica individuale per contrastare la deriva descritta: persino l’accorato appello del Capo dello Stato, che bollò il fenomeno del correntismo lottizzatorio come espressione di “modestia etica”, è caduto nel vuoto assoluto. Con un Csm ancora saldamente all’anno zero della questione morale che lo avvilisce. Inevitabile la conclusione, frutto di lucida e, purtroppo, sperimentata sfiducia, secondo cui l’unica strada percorribile sia quella eteronoma: il rinascimento deontologico ed etico della magistratura e del suo associazionismo passa necessariamente attraverso la “liberazione” del Consiglio dalle trame opacissime delle conventicole casaccate.

La dignità e il prestigio del Csm esigono un Autogoverno affidato a magistrati liberi da influenze esterne e indipendenti gli uni dagli altri, capaci di restituirlo ai compiti elevatissimi dl Alta Amministrazione che gli competono. Il sorteggio temperato dei candidati per l’elezione del Csm e la rotazione (ogni due-tre anni) negli incarichi direttivi, secondo l’anzianità di servizio nel singolo ufficio sono le vie semplici e “a costo zero” per dare piede a tutto ciò.

Il legislatore e la politica lo sanno bene: abbandonino, dunque, le ipocrisie e anziché dolersi, con una mano, della politicizzazione della magistratura associata salvo poi, con l’altra, incoraggiarla con il collateralismo fatto di “fuori ruolo” e di contiguità di ogni tipo, nelle piazze o nelle segrete stanze, abbiano definitivamente il coraggio bipartisan di assumersi le responsabilità conseguenti. Liberato, infine, il Csm dal correntismo, grande sarà il beneficio non solo per magistrati e società civile, ma anche per l’associazionismo stesso dei giudici, affrancato dal compito di vile Ufficio di Collocamento per sodali e protetti e restituito a quello di prezioso motore di idealità. Siamo fiduciosi.

*Consigliere del Csm