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di Liana Milella e Conchita Sannino

La Repubblica, 1 maggio 2022

L’agitazione si terrà entro il 20 maggio, a ridosso del voto sulla legge a palazzo Madama. I voti sono stati 1.081 a favore, 169 contrari e 13 astenuti, su un totale di 1.423 iscritti.

Una giornata di sciopero dei magistrati italiani contro la riforma del Csm. Che molto probabilmente si terrà a ridosso del voto sulla legge a palazzo Madama. Voto che dovrebbe cadere entro il 20 maggio in modo da poter applicare le nuove disposizioni alle elezioni per il rinnovo della componente togata del prossimo Consiglio che scade a luglio.

A votare sì allo sciopero, dopo una lunga assemblea durata oltre otto ore e moltissimi interventi, è una folta rappresentanza di giudici che si sono ritrovati a Roma, nel complesso di Largo Angelico. Molti dei quali depositari delle deleghe consegnate dai colleghi durante le assemblee distrettuali che si sono svolte nei giorni scorsi. Complessivamente, parliamo di oltre duemila toghe che hanno espresso la loro volontà non solo di fare sciopero, ma anche di tenere una serie di assemblee per valutare soprattutto gli effetti che potrà avere la legge. Alla fine i voti sono stati 1.081 a favore, 169 contrari e 13 astenuti, su un totale di 1.423 iscritti.

“Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati” si legge nel documento sottoscritto da tutti i gruppi, in cui si annunciano anche giornate di studio ad hoc sui futuri effetti della legge. E c’è anche la richiesta di un incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per esporgli “le profonde inquietudini dei magistrati italiani sul pericolo che la riforma in esame pone al modello costituzionale di ordinamento giudiziario”. Nonché un ulteriore astensione se le risposte del governo non dovessero arrivare in alcun modo.

Durissime, nel documento, le considerazioni sulla riforma. Nell’ordine, “aumenterà quell’ansia di carriera che tanto danno ha già fatto, e continuerà a fare”. Ancora: la richiesta che “i magistrati vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità”. La previsione di “giudici impauriti dalle ripercussioni personali delle loro decisioni”. Nonché di pubblici ministeri “che sentono una condanna come una vittoria e un’assoluzione come una sconfitta”. Un quadro catastrofico che - secondo le toghe - deve essere cambiato. Da qui l’astensione dalle udienze, ma anche, d’accordo con gli avvocati, “una manifestazione pubblica, invitando tutti i cittadini e gli amministratori locali”.

Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia aveva aperto l’assemblea parlando di “una riforma che non servirà a migliorare il servizio, a diminuire anche solo di un giorno i tempi dei processi, sarà inutile e credo anche dannosa”. E ancora: “Un magistrato impaurito non sarà un miglior giudice. Il fascicolo stimola il sentimento impiegatizio dei magistrati” aveva detto tra gli applausi dei colleghi. E sui rapporti con la stampa Santalucia era stato netto: “Non è un diritto, ma è un dovere, è un momento di libertà, vogliamo una stampa e una magistratura indipendenti”.

Subito dopo la proclamazione dello sciopero ecco Santalucia commentare così: “Non siamo contrari alle riforme, ma vogliamo una buona legge”. E ancora: “Lo sciopero sarà un’occasione per spiegare le ragioni del nostro dissenso su una riforma che speriamo sia emendata nelle storture che abbiamo rilevato. Lavoreremo per questo e chiediamo al Senato di riflettere su alcuni aspetti. Speriamo ci sia ancora tempo e per questo ci stiamo impegnando”.

Il primo politico a intervenire è Catello Vitiello, il responsabile Giustizia di Italia viva e componente della commissione Giustizia della Camera. Iv si è astenuta sul voto della riforma. Dice Vitiello: “Il ruolo supplente della magistratura è stato colpa della politica. Non ho mai demonizzato le correnti e la politica giudiziaria. Ma le riforme non vanno fatte sull’onda della patologia. La magistratura ha un ruolo fondamentale, io credo nella sua indipendenza, ma non nella sua autoreferenzialità. Deve contare il merito, e non l’appartenenza. Sulle porte girevoli c’è stata un’incomprensibile disparità di trattamento tra fuori ruolo e toghe in politica, invece di decidere per tuti un periodo di decantazione e poi il rientro - osserva il responsabile Giustizia di Iv - Serve la parità tra giudici e avvocati, e se vale la parità delle armi, io toglierei qualcosa ai primi per darla ai secondi. Ma per avere la vera parità delle armi serve una riforma istituzionale con una separazione vera tra giudici e pm, a me piace il modello del Portogallo con due Csm”.

Per Salvatore Casciaro, segretario generale di Anm, “Pensare di realizzare”, nel contesto in cui siamo, “una grande riforma, civile penale, dell’ordinamento giudiziario e del Csm, e di conseguire gli ambiziosi obiettivi del Pnrr, con abbattimento considerevole dei tempi dei processi, senza un coinvolgimento diretto, un ascolto reale e una piena condivisione e partecipazione delle categorie interessate (tutte: magistrati, avvocati e personale amministrativo), è, a mio avviso, un grave errore di metodo”. Casciaro ricorda che “un grande scrittore francese insignito del premio Nobel per la letteratura suggeriva in tempo di catastrofi “lo sforzo di dominare i propri risentimenti”. Questa riforma, nata in una difficile congiuntura, appare viziata proprio dal risentimento”.

Molto applaudito anche l’intervento di Giovanni Tedesco, napoletano, già vicesegretario e noto esponente di Area, il quale con amara ironia sottolinea: “Noi non sforniamo pizze, lo dico col massimo rispetto di un fondamentale mestiere. Ma la giustizia non è la catena di montaggio delle pizze. E anche delle più semplici: solo marinare, neanche una capricciosa sarebbe consentita”. Ecco perché, sintetizza Tedesco, “la mia stella polare è uscire con una decisione unitaria: per me, spero che l’assemblea possa deliberare una giornata di astensione, per quanto indigeribile possa essere in astratto. Ma badate che in 35 anni solo due volte si è scioperato: è questa scelta, anche se non servirà a cambiare la riforma, resterà per la nostra coscienza, resterà nella storia associativa, nell’interesse dei cittadini”. Tedesco chiude ringraziando i politici presenti “tra l’altro l’unica vera occasione di confronto, non formale, l’abbiamo organizzata noi”. Una giornata di sciopero per una interlocuzione con il governo.

Netta la richiesta di Giulia Bongiorno, noto avvocato penalista e la responsabile Giustizia della Lega. “La riforma va cambiata al Senato”. Dice Bongiorno: “Chi conosce la mia storia, sa che mi sono schierata a favore della magistratura in passato anche contro quella che allora era la mia parte politica. E adesso mi chiedo: che succederà al Senato? Questa riforma sarà cambiata? Per me le riforme devono incidere, altrimenti è meglio non farle. È meglio fare delle modifiche, perché le riforme non devono essere occasioni perdute. La riforma ha anche aspetti positivi, ma il limite è che non centra l’obiettivo, cioè la degenerazione del correntismo. Il sorteggio temperato avrebbe reciso il cordone ombellicale tra l’eletto e la corrente (applausi da Articolo 101, ndr). Ma la maggioranza al governo è estremamente eterogenea - continua Bongiorno - Questa riforma è blanda, non è incisiva, va migliorata al Senato perché adesso il tema politico è tra chi vuole cambiare la riforma e chi dice di no. Io vi chiedo, chi vorreste mandare al Csm che quando esce non abusa del suo mandato? Ma nella riforma non viene ridisegnato l’intero Csm. Oggi i miei clienti mi chiedono sempre “ma il giudice è di sinistra o di destra?” (si solleva una reazione di buuuhhhh dall’assemblea, ndr). Per me il problema esiste e va affrontato”.

Affilata nei contenuti, molto garbata nei toni, la magistrata Paola Cervo, che - essendosi rivolta direttamente alla senatrice leghista Bongiorno - è stata lungamente applaudita. “Lei è la benvenuta, qui onorevole: perché il nostro dna è la giurisdizione. E la giurisdizione è il contraddittorio. Ma quello che lei diceva prima - un indagato si chiede ormai solo se un giudice è di destra o di sinistra - è davvero una frottola, ed è una frottola seminata già venti anni fa da un presidente del Consiglio. Il combinato disposto della pagellina e del disciplinare ci impedirebbe la libertà e l’autonomia che è il nostro dovere verso i cittadini. Voi, cara onorevole, dovreste scioperare con noi”.

Enrico Costa, di Azione, difende il suo emendamento che introduce il fascicolo del magistrato, avversato dall’Anm come “pagellina”, che “spegne il coraggio del magistrato”. “Nessuna censura, nessuna schedatura. Forse siete voi che non vi fidate di voi stessi - dice provocatoriamente Costa - e non la politica che non si fida di voi”. Poi il deputato aggiunge: “Io penso che debba essere azzerato e che non sia fisiologia il numero di ingiuste detenzioni, o di processi nati morti - sottolinea Costa - ma se si mandano a o processo le persone che non ci devono andare, e se lo fa più volte sempre lo stesso magistrato, questo non va”. Costa tocca poi il tema della presunzione di innocenza, soffermandosi “sulla eccessiva esposizione dell’indagato: non ci si chiede mai”, alla fine di quel processo finito in un nonnulla, “se quell’indagato sia rimasto la stessa persona o se invece porti con sé una cicatrice non sanabile. E mi meraviglia che nel parere del Primo presidente di Cassazione si dica che la valutazione sull’interesse pubblico”, della notizia da divulgare, “poiché non è stata fissata” dalle norme “sia insindacabile”.

Il segretario della corrente di sinistra delle toghe, Eugenio Albamonte di Area, si rivolge direttamente a Giulia Buongiorno: “La distinzione non è tra chi vuole riaprire la riforma al Senato e chi non vuole farlo, il problema è chi vuole riaprirla per rincarare la dose. Perché ci sono una serie di segnali che indicano l’intenzione di girare ancora di più il coltello nella piaga. Ricordo che la riforma originaria non suonava come una rivalsa della politica verso la magistratura, chiudendo definitivamente a vantaggio di una parte un conflitto che va avanti dal 1992”. Albamonte parla di “cannoni puntati verso di noi”. E alle affermazioni di Costa di Azione replica: “Quando si parla di ‘significative anomaliè non si dice nulla di concreto. La norma si applica a tutti, non solo ai pm, e produrrà appiattimento culturale e conformismo”. Poi Albamonte cita casi concreti in cui la magistratura ha preso decisioni del tutto innovative, come nel provvedimento sui rider, nell’inchiesta Cucchi, e in tutti gli interventi sulla coltivazione della cannabis per uso personale. Netta la critica sugli illeciti disciplinari previsti dalla riforma: “Si tratta di norme in bianco, come quella sugli atti rilevanti, o quella sulla presunzione di innocenza, per la quale mi chiedo chi stabilirà che cosa è di interesse pubblico, e in rapporto a quale realtà”.

Anna Rossomando, senatrice e responsabile giustizia del Pd, tocca vari punti. “Per noi la guerra dei 30 anni tra politica e magistratura si è chiusa da tempo. Qualcuno magari ha pensato che fosse solo il secondo tempo di questo conflitto? Eh sì, magari e purtroppo qualcuno lo ha pensato, vagheggiato si, ma - analizza la senatrice dem - eravamo dentro una maggioranza molto composita, che ha comunque accettato di arrivare fino a un punto di condivisione, per stare dentro un recinto istituzionale”. Sulla legge elettorale del Csm: “Sono contenta di aver ottenuto un riequilibrio con un intervento proporzionale”. Sulla cosiddetta “pagellina”: “Non piace neanche a me il termine fascicolo della performance del magistrato”, ma non sono passate altre norme più dure, e non accettabili”. Sulla norma-silenziatore relativamente alla presunzione di innocenza e alle conferenze: “Io ricordo però anche il periodo in cui si proponeva perfino il silenzio totale su tutte le notizie per tutto il periodo delle indagini preliminari”. E infine, la senatrice assicura: “Faremo molta attenzione e vigileremo su decreti attuativi. Chiaro che non si può mantenere l’esistente. Ma un conto è lo scontro, un altro il confronto. Chiaro che non ci ispiriamo all’Ungheria - ironizza - come modello di separazione dei poteri dello Stato”.

Da Giulia Sarti, responsabile Giustizia del M5S, un netto no all’ipotesi di riaprire la riforma del Csm al Senato. Dice Sarti: “Sull’hotel Champagne la magistratura ha dato le sue risposte, Palamara è fuori dalla magistratura e i consiglieri del Csm si sono dimessi. Ma Cosimo Maria Ferri invece resta al suo posto e il Parlamento ha respinto l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni”. Quanto al prossimo destino della legge nel passaggio al Senato, Sarti, in linea di principio e per quello che la riforma stessa contiene, dice che il M5S “sarebbe molto felice di riaprire la discussione, perché la soluzione data alla separazione delle funzioni non ci piace, il risultato non è quello iniziale del ddl Bonafede, dove erano previsti due passaggi possibili da pm a giudice”. Ma, dice Sarti, “se si riapre il dibattito al Senato, per i numeri che ci sono lì, ci sarà il tentativo di introdurre la responsabilità diretta dei magistrati e altre misure che finora siamo riusciti a evitare”. Perché Sarti avverte in Parlamento l’esistenza di “una voglia punitiva contro la magistratura” che potrebbe riemergere in pieno e quindi peggiorare ulteriormente la riforma.

Botta-risposta polemico nell’assemblea delle toghe. Accade quando il presidente della riunione, Italo Federici di Unicost, parla del sorteggio e definisce “incostituzionale” questo sistema per eleggere il Csm. Immediata la reazione di Andrea Reale, esponente e animatore di Articolo 101, l’unico gruppo all’opposizione nella giunta dell’Anm e che da sempre ha chiesto invece proprio il sorteggio come metodo elettorale. “Sei il presidente dell’assemblea, devi essere su opere partes, non puoi dire così, non è vero che il sorteggio è incostituzionale”.

Cartabia a distanza difende le toghe - “La nostra magistratura è un presidio del nostro vivere democratico”, dice Marta Cartabia, ministra della Giustizia, in un video messaggioinviato all’edizione 2022 di Extralibera’, in programma all’Auditorium di Roma, ‘Giornate di ControMafieCorruzione’, lanciata dall’Associazione Libera. La Guardasigilli ha deciso di non partecipare all’assemblea dell’Anm “per rispetto”.

Cartabia invitata, non va all’assemblea - Il presidente delle toghe Giuseppe Santalucia ha recapitato direttamente alla ministra della Giustizia Marta Cartabia l’invito e altrettante lettere che sono state inviate ai responsabili Giustizia dei partiti. La Guardasigilli ha cortesemente declinato. Per “rispetto” nei confronti di un dibattito che necessariamente deve essere libero di criticare la futura legge, finora approvata dalla maggioranza solo in un ramo del Parlamento. La sua, avrebbe detto la stessa Cartabia, avrebbe potuto essere considerata “una presenza invadente”. Però la ministra ha comunicato alle toghe che per suo conto c’è il suo capo di gabinetto Raffaele Piccirillo, che in questi mesi ha seguito da presso tutto il cammino complesso e anche sofferto della riforma.

Gli altri invitati - È arrivato un sì pieno invece dai responsabili Giustizia dei partiti che, anche in questo caso, con una lettera scritta recapitata già tra mercoledì e giovedì, sono stati invitati a partecipare all’assemblea - che si tiene stamattina a Roma in largo Angelico 1, a partire dalle 9 e trenta - dove possono essere presenti tutti i magistrati iscritti all’Anm, nonché i delegati delle varie assemblee che si sono svolte nei singoli palazzi di giustizia. Nella lettera, firmata da Santalucia, è scritto che “com’è noto, alcuni aspetti della riforma in itinere creano preoccupazione tra i magistrati ed è questa la ragione di un’assemblea generale che possa favorire il confronto e l’approfondimento delle questioni”. E ancora: “La magistratura associata, oggi come in passato, mette a disposizione della Politica il proprio contributo di idee, ricca dell’esperienza professionale di cui i magistrati italiani sono portatori, nella speranza di poter essere ascoltata”. Ma l’invito dell’Anm è giunto anche al presidente delle Camere penali Gian Domenico Caiazza, presente all’assemblea.

Presenti la responsabile Giustizia del Pd Anna Rossomando, quella del M5S Giulia Sarti, della Lega Giulia Bongiorno, di Azione Enrico Costa, di Italia viva Catello Vitiello. L’assemblea - che si è aperta verso le 11 con il discorso del presidente Santalucia dopo gli adempimenti burocratici - è programmata fino alle 18. A quell’ora si sa se le toghe hanno effettivamente votato per fare sciopero contro la riforma di Cartabia e del governo Draghi. Del resto è escluso, a questo punto della riforma, che possano essere introdotte delle correzioni al Senato, anche se Lega e Italia viva ci sperano. Ma la prospettiva della fiducia è quella più scontata.