di Daniele Mastrogiacomo
La Repubblica, 3 novembre 2020
Quattrocento testimoni saranno chiamati a deporre con i loro ricordi di quanto accadde nel centro di detenzione detto El Infierno. Le accuse per i 18 imputati vanno dalla privazione illegale della libertà, agli stupri fino all'occultamento dei figli delle recluse poi dati a famiglie fedeli alla giunta militare.
Ne hanno identificati 500 finora ma solo 130, al giugno del 2019, hanno ritrovato i loro nonni e scoperto di chi erano realmente figli. Con loro torna in un'aula del Tribunale di La Plata, in Argentina, uno dei capitoli più truci e vergognosi della dittatura militare, quella che governò con il terrore il Paese sudamericano tra il 1976 e il 1983.
La giurisprudenza argentina la cataloga come Appropriazione di minori, più efficacemente noto come "Piano sistematico": bambini, spesso neonati, figli di coppie di arrestati - torturati nei centri segreti di detenzione, perché sospettati di simpatie con la sinistra, fatti sparire in fosse comuni o lanciati dagli aerei nel Rio de la Plata - affidati ai carnefici e da questi adottati.
Un orrore, tra i tanti commessi dalla giunta guidata dal generale Jorge Rafael Videla e dai suoi successori. Grazie al lavoro instancabile e costante delle Nonne di Plaza de Mayo che si misero subito alla ricerca dei propri figli e nipoti, si riuscì a smascherare una pratica che la giunta militare aveva sempre negato o ammettendo, davanti all'evidenza, solo alcuni casi considerandoli comunque un'eccezione, il gesto illegale di qualche ufficiale che non confermava ciò che i parenti invece denunciavano.
Ci vollero 16 anni, al termine di un braccio di ferro tra i vertici militari messi sotto processo per le atrocità commesse durante la dittatura e i nuovi governi della ritrovata democrazia, per scoprire una realtà che andava oltre l'immaginazione. E ce ne vollero altri tre per mandare alla sbarra i responsabili di questo traffico di piccoli esseri umani e comminare la prime sentenze.
Nonostante gli indulti concessi sulla base delle leggi della Obediencia Debida e del Punto Final, con le quali si riconobbe la tesi che i quadri inferiori delle Forze Armate avevano obbedito agli ordini superiori nella lotta al comunismo e al terrorismo di sinistra, gli autori di queste mattanze e di queste adozioni forzate vennero individuati. E fu grazie alla creazione di un Centro di raccolta del Dna se i bambini allevati da chi aveva torturato e ucciso i loro genitori scoprirono l'amara verità. Uno shock per questi ragazzi diventati adulti e per l'intera Argentina costretta a guardarsi dentro in un viaggio catartico che sembrava un incubo.
Adesso il Tribunale di La Plata apre un capitolo di questa orrenda storia. Riguarda quello che avvenne nei centri di detenzione di Pozo da Banfield, Pozo de Quilmes e Brigada Lanús, noto come El Infierno: tre centri di detenzione dove centinaia di detenuti vennero sottoposti a sevizie e violenze. Ci sono 18 imputati: ufficiali, medici, psicologi, alti dirigenti dell'amministrazione che hanno avuto ruoli diversi nella mattanza e nell'affidamento illegale dei piccoli superstiti.
Quattrocento testimoni saranno chiamati a deporre con i loro ricordi. Moltissimi i sopravvissuti che potranno raccontare quello che videro e ascoltarono. Le accuse vanno dalla privazione illegale della libertà, agli abusi sessuali all'occultamento di bambini nati da recluse e poi prelevati per essere affidati a famiglie fedeli alla giunta militare.
Tra gli imputati c'è Miguel Etchecolatz, 91 anni, già in carcere per una condanna a 4 ergastoli. Era il responsabile della polizia giudiziaria di Buenos Aires. Con lui ci saranno l'ex ministro degli Interni della provincia di Buenos Aires, Jaime Lamont Smart, già condannato in un giudizio separato nel 2012 all'ergastolo per crimini contro l'umanità. Quindi Juan Miguel Wolk, che gestiva il centro di detenzione di Pozo Banfield e Jorge Bergés, medico impiegato nelle sale di tortura.