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di Paul Krugman*

La Stampa, 6 giugno 2022

È difficile dire quale sia la più deprecabile tra le reazioni dei repubblicani all’ultima strage con armi da fuoco. Il tremendo senatore Ted Cruz, su cui si può sempre contare, ha attirato grande attenzione sostenendo che la soluzione migliore sarebbe mettere guardie armate in tutte le scuole, e non importa se il sistema scolastico di Uvalde ha già un suo contingente di polizia e se sembra che gli agenti siano arrivati sulla scena del delitto subito dopo l’arrivo dell’assassino. Anche il supermercato di Buffalo - dove appena dieci giorni prima c’era stata un’altra strage - aveva un agente della sicurezza armato che è rimasto ucciso perché la sua pistola non è riuscita a perforare il giubbotto antiproiettile del killer. Se vi interessa la mia opinione, tuttavia, credo che la risposta peggiore e la più agghiacciante sia quella di Dan Patrick, vicegovernatore del Texas, che ha dichiarato che dovremmo “rendere più inespugnabili i bersagli, facendo sì che sia difficile entrarvi a eccezione di un unico accesso”. Una restrizione di questo tipo avrebbe interessanti ripercussioni nell’eventualità di un incendio. In ogni caso, comunque, proviamo a riflettere sulle parole di Patrick: in una nazione che si presume in pace, dovremmo considerare le scuole “bersagli” che dovrebbero essere resi “inespugnabili”. Che cosa implicherebbe questo per la pubblica istruzione, da molte generazioni una delle esperienze più caratterizzanti del fatto di crescere in America? Non vi preoccupate, dice qualcuno che scrive su The Federalist: le famiglie possono sempre tenere al sicuro i figli ricorrendo all’istruzione domiciliare.

In verità, se si prendono alla lettera Cruz, Patrick e altri, le loro proposte equivalgono a un’esortazione a trasformare la terra della libertà in un enorme campo armato. In America ci sono circa 130mila scuole tra materne, elementari e medie; ci sono quasi 40mila supermercati; c’è un numero incalcolabile di locali che potrebbero essere presi di mira da chi spara indiscriminatamente. Insomma, proteggere tutti questi luoghi pubblici come suggeriscono i repubblicani richiederebbe la creazione di una forza difensiva dotata di armi pesanti e addestrata militarmente - armi pesanti per affrontare aggressori e killer dotati di giubbotti antiproiettile e armi semiautomatiche - grande più o meno come l’intero corpo dei Marine. Perché una cosa del genere dovrebbe essere mai necessaria? Le sparatorie e le stragi sono rare fuori dagli Stati Uniti. Perché da noi sono così frequenti? Non perché siamo una nazione dove un diciottenne disturbato può tranquillamente acquistare armi da combattimento e giubbotti antiproiettile, secondo la legge statunitense. No, dice Patrick: le stragi da noi ci sono perché “siamo una società grezza”.

So che il mio tentativo è senza speranza, ma immaginate che reazioni scatenerebbe un illustre politico liberal se dichiarasse che il motivo per cui gli Stati Uniti hanno un grave problema sociale, inesistente altrove, è che gli americani sono un popolo empio: non ci sarebbe fine all’ondata di improperi. Se lo dice un repubblicano, invece, provoca solo qualche increspatura in superficie. Immagino di dover dire per la cronaca che, per quanto mi riguarda, non credo proprio che gli americani, come individui, siano peggiori di chiunque altro. Semmai, quando ritorno dai miei viaggi all’estero, resto sempre molto colpito dalla gentilezza e dal grande piacere che procura (o procurava) interagire con gli americani. A distinguerci è il fatto che, da noi, è estremamente facile per le persone che non sono cortesi armarsi fino ai denti. Va bene, penso che tutti si rendano conto che niente di quello che stanno dicendo i repubblicani su come reagire alle sparatorie di massa si tradurrà in proposte politiche concrete. Fanno fatica perfino a dire qualcosa di sensato. Piuttosto, stanno facendo un gran baccano per sovrastare il dibattito razionale fino a quando l’ennesimo episodio atroce non sparisce dai notiziari. La verità è che i conservatori considerano le sparatorie - e, per quel che conta, il tasso paurosamente alto di morti provocati da armi da fuoco nel complesso - come un prezzo accettabile da pagare pur di perseguire la loro ideologia.

Ma di che ideologia si tratta? Direi che, pur non essendo del tutto sbagliato parlare di una cultura americana unica basata sulle armi, definirla tale in ogni caso è riduttivo. Ciò a cui stiamo assistendo è un assalto di vasta portata all’idea stessa di dovere civico, all’idea che le persone debbano seguire alcune regole, accettare restrizioni nel loro comportamento e proteggere le vite dei loro concittadini. In altri termini, dovremmo pensare alla violenta opposizione alla regolamentazione delle armi come a un fenomeno collegato da vicino alla violenta opposizione (assai di parte) all’obbligo di indossare la mascherina e vaccinarsi in presenza di una pandemia letale, alla violenta opposizione alle regole per la tutela dell’ambiente come la messa al bando dei fosfati nei detersivi e così via. Da dove arriva tutto questo odio nei confronti dell’idea di dovere civico? Senza dubbio in parte, come quasi tutto nella politica degli Stati Uniti, è collegato alla razza. Questo odio non riflette, invece, un’altra cosa: la nostra tradizione nazionale. Quando si sente parlare di istruzione domiciliare, è opportuno ricordare che gli Stati Uniti in sostanza hanno inventato l’istruzione pubblica universale. Le tutele ambientali un tempo erano una questione non di parte: il Clean Air Act fu approvato dal Senato nel 1970 senza neanche un voto contrario. E, mettendo in disparte la mitologia hollywoodiana, la maggior parte delle cittadine del Vecchio West aveva restrizioni molto più severe sul porto d’armi rispetto al Texas del governatore Greg Abbott.

Come ho detto prima, non capisco davvero da dove provenga tutta questa ostilità nei confronti delle regole di base di una società civile. Quel che è chiaro, invece, è che quelle persone che invocano ad alta voce la libertà sono le stesse che stanno facendo del loro meglio per trasformare l’America in un incubo distopico alla Hunger Game, con checkpoint ovunque su cui incombono minacciosi uomini armati.

*Traduzione di Anna Bissanti