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Ristretti Orizzonti, 10 gennaio 2015

 

Ci sono giornate che attraversano la clessidra senza muovere nessun altro granello di vita. Poi ci sono i giorni. Quelli che restano, nonostante tutto.

Mercoledì 7 gennaio. Primo pomeriggio. Freddo, col sole. L'appuntamento è alle tre e mezzo, davanti ai cancelli del carcere. Alessio Boni alle otto e mezzo sarà sul palco del Teatro Ventidio Basso col suo Dio che visita Freud. Nei mesi precedenti uno scambio veloce di mail e poi la promessa: appena torno ad Ascoli vengo a trovarvi in carcere, nella redazione del vostro giornale.

Alle tre e mezzo in punto siamo davanti al blockhouse. Lui infila la carta d'identità nella feritoia, controlli di rito ed entriamo. "Posso restare solo un'oretta" erano gli accordi. Invece usciremo tardissimo, col buio, freddo, c'è la luna. A meno di due ore dallo spettacolo. Il mondo alle prese con un nuovo 11 settembre. Ma noi ancora non lo sappiamo.

Nella sala grande ci sono più di venti ragazzi. Lui si presenta. Poi inizia a calamitare l'attenzione di tutti. Lentamente, abbattendo, muro dopo muro, la cortina di diffidenza che in carcere è una seconda pelle. I detenuti pendono dalle sue labbra. Lui li cattura, li coinvolge, li chiama, li addita, risponde a tono. Senza farsi mai sorprendere. L'atmosfera è energia pura. Ci sono tre ragazzi musulmani. Si parla di cinema, di teatro, del suo Ulisse, dei suoi progetti, ma anche dei problemi del nord Africa, delle frontiere sempre più distanti. Ci si confronta, sul dolore. Ma si ride, anche, alle battute che avvicinano e stemperano la tensione. Due ore, quasi tre, volano. Ci salutiamo con un arrivederci. Alla prossima tournée, al prossimo spettacolo. Andremo a teatro tutti insieme, detenuti compresi. Sarà bello.

Usciamo, fuori ci aspetta un mondo diverso. Una volta di più consapevole, a carissimo prezzo, di quanto sia importante incontrarsi. Ed aprire.

 

Teresa Valiani, Direttore Io e Caino, Giornale del carcere di Ascoli Piceno