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di Liana Milella

La Repubblica, 2 aprile 2024

I meloniani perplessi sull’ipotesi di cancellare la sospensione per sindaci e amministratori locali anche nei casi di mafia e corruzione. D’accordo Forza Italia e Lega. Possibile un testo congiunto Nordio-Piantedosi. È solo questione di settimane, ma prima del voto, dal governo e dalla maggioranza, può arrivare la spallata alla legge Severino. In vigore dal dicembre 2012, il decreto legislativo firmato dagli allora ministri della Giustizia Paola Severino e della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi - all’epoca dalla Cassazione ci lavorò anche Raffaele Cantone - prevede la decadenza e l’incandidabilità al Parlamento italiano ed europeo, e il divieto a essere presente nel governo, per chi ha una condanna definitiva superiore ai due anni. Tant’è che, dal Senato, fu votata la decadenza di Berlusconi per via della condanna a 4 anni per frode fiscale del 2013. Ma la legge vale anche per gli amministratori che sono sospesi dall’incarico anche dopo una condanna di primo grado. E proprio quest’ultimo è sempre stato il punto “caldo” per i detrattori della Severino. Un leit motiv che ha ritrovato adesso pieno vigore tra le file dei garantisti. Partito cui si iscrive anche il Guardasigilli Carlo Nordio.

Che succede allora? Un’azione congiunta tra lo stesso Nordio e il titolare del Viminale Matteo Piantedosi potrebbe arrivare prima delle elezioni europee. Anche perché, pure stavolta, e com’è già avvenuto per la prescrizione e per il bavaglio alla stampa, a incalzare i ministri ci sono le aule di Camera e Senato. In più, la scure della Severino contro gli amministratori locali è malvista anche dal Pd. Che però, come dice la responsabile Giustizia Debora Serracchiani, non transige sui reati gravi - non solo mafia e terrorismo, ma anche corruzione - che “non si toccano”.

E su questa linea sarebbe attestata anche Fratelli d’Italia perché con i reati gravi non si scherza, proprio com’è avvenuto l’anno scorso per il concorso esterno in associazione mafiosa. L’ipotesi di cambiarlo avanzata da Nordio in un’intervista sollevò un putiferio con l’intervento successivo del sottosegretario alla Presidenza, il super meloniano Alfredo Mantovano, che escluse qualsiasi ritocco. Quando c’è di mezzo la criminalità, nel partito di Meloni drizzano le orecchie, soprattutto adesso che al vertice della commissione antimafia sta seduta Chiara Colosimo.

La partita dunque è complicata. Ma le parole di Nordio una settimana fa in un question time alla Camera - “Per quanto riguarda la legge Severino, noi riteniamo che sia necessaria una rimessa a punto. Non è all’ordine del giorno ma sicuramente fa parte del nostro interesse” - hanno riaperto i giochi soprattutto alla vigilia delle elezioni. Nordio vuole il dossier per se stesso, senza farselo “scippare” dalle Camere dove, per l’ennesima volta, è attivissimo il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa. Che già nel decreto Elezioni, aveva presentato la modifica della Severino, via tutto il capitolo che parla dell’obbligo della sospensione per gli amministratori locali condannati. Alla fine, visto che il decreto era già passato al Senato ed era urgente, si è arrivati a un ordine del giorno di Costa, votato e approvato anche dal governo, che comunque insiste nel chiedere di eliminare dalla Severino proprio tutte le norme che colpiscono i sindaci. Con una sua motivazione: “Occorre essere molto cauti a far discendere effetti giuridici da sentenze non definitive entrando in contraddizione con principi cardine del nostro ordinamento. Abbiamo una vasta platea di amministratori condannati in primo grado, poi assolti in appello, che nel frattempo sono stati sospesi e talvolta si sono dimessi. La maggioranza ha bocciato recentemente un mio emendamento in tal senso. Con i tempi che hanno per le riforme, o questa correzione si introduce con un emendamento o non se ne farà nulla”. Uno scetticismo, il suo che va diritto verso Nordio.

La domanda a questo punto è, chi ce la farà per primo a ridimensionare la Severino? Considerando che Forza Italia è scatenata contro la legge. Dalla Camera la “punta” con durezza il vice presidente della commissione Giustizia Pietro Pittalis che parla di “un obbrobrio giuridico per i garantisti che permette alla magistratura di incidere sulle amministrazioni locali e regionali prima che l’imputato riceva una condanna definitiva”. Un meccanismo, dice ancora Pittalis, “in aperto contrasto con il principio della presunzione di innocenza” e in più anche con “un evidente disparità di trattamento con i parlamentari cui si applica solo in caso di sentenza passata in giudicato”.

E non finisce qui, perché dal Senato - dove anche la Lega con Erika Stefani ha chiesto lo stop della Severino con un suo odg - il capogruppo in commissione Giustizia Pierantonio Zanettin vuole sfruttare una recentissima sentenza della Consulta sui magistrati che non possono essere estromessi dalla professione se hanno ricevuto una condanna definitiva. Per Zanettin “proprio la pronuncia della Corte impone una modifica della legge Severino perché il principio è identico e deve valere per tutti”. Modifica che Costa, l’autore del bavaglio alla stampa, vede ormai come “obbligatoria”, ma a tutto campo, cioè senza l’esclusione dei reati più gravi. Consapevole che questa sarà alla fine l’unica mediazione possibile, Costa insiste che s’intervenga subito, “evitando i tempi incredibilmente lunghi che hanno funestato l’abolizione dell’abuso d’ufficio”

Il timing parlamentare prevede, il 10 aprile, la scadenza degli emendamenti in commissione Giustizia alla Camera per il ddl Nordio sull’abuso d’ufficio. E ancora prima, questa settimana, quelli delle norme sulla cybersicurezza. Mentre al Senato la commissione affronta le modifiche alle norme sulle intercettazioni che non potranno essere prorogate oltre i 45 giorni. Un’altra sortita filo criminalità. La palla dei tempi sulla Severino è nelle mani di Nordio. Che, com’è noto, non è fulmine. E per questo rischia anche la poltrona.