sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesco Machina Grifeo

Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2023

La Corte costituzionale, sentenza n. 201/2023, prosegue nell’attività demolitoria del divieto automatico di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata disposto dalla legge ex Cirielli. Nuova pronuncia di illegittimità della Consulta sul divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, previsione introdotta nel 2005 dalla cd. legge ex Cirielli (n. 25/2005). Questa volta la Corte costituzionale, sentenza n. 201/2023, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto co., del Cp, nella parte in cui, con riguardo ai reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante della collaborazione (art. 74, comma 7, Dpr 309/1990) sulla recidiva reiterata (art. 99, quarto co., cod. pen.).

Il giudice rimettente doveva giudicare (con giudizio abbreviato) sulla responsabilità di un pugno di detenuti imputati del delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato, per essersi associati (tra il 2014 e il 2019) in più di dieci, per l’acquisto, detenzione e spaccio all’interno del carcere di Secondigliano. Tutti gli imputati hanno numerosi precedenti penali. Tuttavia, sempre per il rimettente, devono essergli riconosciute sia le attenuanti generiche (droga leggera in quantità non ingente), sia l’attenuante speciale prevista dall’art. 74, comma 7, Tu stupefacenti, che prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi “per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti”. E nonostante tale ultima attenuante meriterebbe di essere considerata prevalente sulla recidiva, tale esito è precluso dall’art. 69, quarto comma, cod. pen. Con l’effetto, tra l’altro, di applicare agli imputati collaboranti pene nella sostanza corrispondenti a quelle dei coimputati non dissociatisi (ai quali sono state riconosciute le attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., con giudizio di equivalenza con la recidiva).

La Consulta ricorda che l’art. 69, quarto comma, cod. pen è stato già oggetto di molteplici pronunce di illegittimità costituzionale parziale, che hanno colpito il divieto di prevalenza di altrettante circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. (per una recente dettagliata rassegna, sentenza n. 94 del 2023, punto 10 del Considerato in diritto; nonché, in seguito, sentenze n. 141 e n. 188 del 2023).

In particolare, la sentenza n. 74 del 2016 ha già dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della parallela circostanza attenuante (art. 73, comma 7, Tu stupefacenti) che - rispetto al delitto di traffico di sostanze stupefacenti compiuto al di fuori di un contesto associativo - prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi “per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”. In quell’occasione si è osservato che l’attenuante “è espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale”, aggiungendo che il divieto assoluto “impedisce alla disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti e così ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perché fa venire meno quell’incentivo sul quale lo stesso legislatore aveva fatto affidamento per stimolare l’attività collaborativa”.

“Tali considerazioni - prosegue la decisione - non possono non valere anche rispetto alla circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 7, t.u. stupefacenti, che parimenti prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi “per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti”. Sul punto il Collegio sottolinea come l’esperienza del contrasto alle differenti forme di criminalità organizzata nel nostro Paese “ha ampiamente mostrato, dagli anni Ottanta in poi che il contributo dei collaboratori di giustizia intranei ai sodalizi criminosi è di grande importanza ai fini della scoperta dell’organigramma dell’associazione e delle sue attività delittuose”. Il che è, in effetti, accaduto anche nel caso di specie. Appare dunque contraddittorio che, per effetto del generale divieto introdotto nell’art. 69 cod. pen. dalla legge “ex Cirielli”, questo sostanzioso incentivo alla collaborazione venga meno laddove il potenziale collaboratore sia - come spesso accade, trattandosi di associati a delinquere - già stato più volte condannato.

Né potrebbe ritenersi che un incentivo alla collaborazione sia comunque rappresentato dal riconoscimento dell’attenuante come meramente equivalente rispetto alla recidiva reiterata. Infatti, ciò comporterebbe comunque l’applicazione delle pene molto elevate previste dall’art. 74 t.u. stupefacenti (vent’anni di reclusione nel minimo per i capi, appena al di sotto della pena minima prevista per l’omicidio volontario). Pene, conclude la Corte, che rischiano di “scoraggiare qualsiasi scelta collaborativa, e che il legislatore ha invece inteso diminuire - addirittura sino ai due terzi - per favorire simili scelte, ritenute essenziali a fini di indagini”.

La Consulta ha così dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 7, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.