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di Simona Musco

Il Dubbio, 10 marzo 2022

La denuncia dei difensori di Peppino Falvo, uno dei cinque imputati assolti a Milano nel processo “Krimisa” su un presunto voto di scambio. “Ci sono delle assoluzioni con formula piena, perché il fatto non sussiste, il massimo di quello che si può ottenere.

Ma i giornali continuano a trattare gli assolti come colpevoli, sostenendo che l’hanno fatta franca per una manciata di giorni: la legge, a loro dire, non esisteva all’epoca. Ma oltre a non essere vero, questo giudizio arriva in assenza di una motivazione e per persone dichiarate innocenti”. A parlare sono Ramona Gualtieri e Gabriele Maria Vitiello, difensori di Peppino Falvo, ex coordinatore regionale dei Cristiano Democratici, uno dei cinque imputati assolti a Milano nel processo “Krimisa” su un presunto voto di scambio.

Un’assoluzione che, però, non basta a lavare via l’onta dell’accusa, spiega Gualtieri, dal momento che secondo alcuni articoli di stampa a salvare gli imputati sarebbe stato la circostanza che i fatti, all’epoca in cui sarebbero stati “commessi”, non avrebbero rappresentato un reato. Ovvero nel 2014, prima delle modifiche introdotte nel 2014 all’articolo 416 ter, quello che punisce lo scambio politico-mafioso. “La verità non è affatto questa - spiegano -, in quanto già prima di allora lo scambio veniva punito, ma gli elementi costitutivi del reato erano diversi. Ciò che viene scritto è, perciò, del tutto infondato”.

E si basa solo su un fatto: nel dispositivo della sentenza di assoluzione, affermano i due difensori, nonostante sia specificato che il fatto non sussiste, “il giudice ha indicato esplicitamente “così come commesso in data antecedente al 18 aprile 2014”. Quanto basta per far dire alla stampa che sì, il reato non sussiste, ma comunque è stato commesso.

“La formula utilizzata presuppone che il giudice non abbia ravvisato gli elementi a sostegno dell’accusa e non c’è possibilità di interpretazione alternativa - sottolineano -, sin dall’origine viene dunque negata l’ipotesi accusatoria. Ma nel contempo, senza attendere alcuna motivazione da parte del giudice, i giornali hanno dato una notizia errata, continuando ad additare le persone coinvolte nel procedimento come colpevoli”.

Su questa vicenda sarebbe già pronta un’interrogazione alla ministra. Ma nel frattempo a indignare la difesa è l’idea che si possa violare la presunzione di innocenza perfino quando l’innocenza è stata certificata da una sentenza. “Le motivazioni dovranno chiarire necessariamente questo aspetto - concludono - ma ciò che è chiaro, allo stato attuale, è che viene completamente esclusa l’ipotesi che gli imputati abbiano commesso quel reato. Questa vicenda ha condizionato molto la vita del nostro assistito, finito anche in un servizio di Report che fu usato dall’ufficio di procura come prova. È ora di dire basta a queste anomalie”.