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di Giulio Sensi

Corriere della Sera, 12 gennaio 2023

In continuo aumento il volume di entrate e interventi delle organizzazioni italiane. E il numero più alto di progetti è nel nostro Paese (841), seguito dal Mozambico. Il report di Open Cooperazione.

Non si arresta la crescita delle organizzazioni non governative (Ong) italiane: secondo i numeri di Open Cooperazione, la piattaforma opendata che aggrega i dati di trasparenza delle organizzazioni attive nella cooperazione internazionale e nell’aiuto umanitario, nemmeno il 2021 ha bloccato l’aumento del loro volume di entrate, complice il perdurare di crisi irrisolte a livello globale e al netto dello sforzo messo in campo in Ucraina che si riferisce invece all’anno 2022. Il fronte di intervento più rilevante è divenuto quello di casa nostra: è l’Italia il Paese dove c’è il numero più alto di progetti, 841, a fronte dei 214 del Mozambico e i 188 dell’Etiopia.

“È una crescita importante - spiega il fondatore e curatore di Open Cooperazione, Elias Gerovasi - che si spiega anche con l’aumento dell’aiuto umanitario dovuto sia al Covid sia al perdurare di crisi, come quella legata al prezzo delle materie prime, e guerre in vari contesti. Una parte di queste risorse del sistema arrivano anche alle ong che sono in prima linea sul fronte delle emergenze in tutto il mondo. Siamo sempre lontani dagli obiettivi globali di cooperazione internazionale, ma le cifre aumentano di anno in anno”. Una crescita che riguarda in modo particolare le grandi organizzazioni le quali riescono ad aumentare i loro bilanci di decine di milioni di euro un anno dopo l’altro mentre quelle medio piccole soffrono di più e registrano cali rilevanti di entrate. “Il dato più significativo delle perdite - spiega Gerovasi - è nella fascia di quelle che hanno volumi fra i 4 e i 10 milioni di euro, mentre quelle sopra i 30 milioni vivono dei veri e propri boom. Il primo fattore che spinge al rialzo è l’intensificazione delle erogazioni soprattutto dei fondi Echo (quelli specializzati in aiuto umanitario dell’Unione europea) delle Nazioni Unite e di altri grandi donatori internazionali. Nel complesso i fondi istituzionali pesano più di quelli privati, il 60 per cento contro il 40. Il secondo fattore di spinta è spiegabile invece con il marketing perché molte ong stanno aumentando la raccolta fondi da privati in maniera assai significativa: in particolare quelle che puntano sul brand marketing che riesce ad intercettare ancora molti nuovi donatori”.

E sono campagne che funzionano, nonostante una costante rappresentazione negativa delle ong, in particolare di quelle attive sul fronte immigrazione, una forte minoranza rispetto al totale. Un esempio significativo è quello della Fondazione Avsi, che nel 2021 ha raggiunto il secondo posto dietro alla più grande ong italiana, che rimane Save The Children, con un bilancio totale che supera i 90 milioni di euro e cresce a tassi del 40 per cento annuo. “Non è una crescita legata alle contingenze e alle emergenze - spiega il segretario generale Giampaolo Silvestri - ma è costante nel tempo e causata da un forte investimento sulle risorse umane, sulle persone e quindi sulle loro capacità relazionali, progettuali e di raccolta fondi. Rimaniamo presenti in contesti da cui molti se ne vanno, come per esempio Haiti, e in altri in cui le crisi si sono cronicizzate come in Siria, Congo, Sud Sudan, Mozambico, Myanmar. Benché molte di tali crisi siano ancora sotto-finanziate, è necessaria la presenza di organizzazioni che, anche in emergenza, lavorino per uno sviluppo sostenibile in costante rapporto con la società civile locale”.

Avsi è attiva anche in Italia dove investe circa il 10 per cento dell’operatività in particolare sull’inserimento lavorativo dei migranti, ma non solo. A dispetto dei luoghi comuni sulle ong, il Paese in cui le organizzazioni non governative mettono in campo il più alto numero di progetti è proprio l’Italia: la percentuale è di quasi uno su quattro con tanti fronti aperti e una spinta, in particolare al sud, che proviene dalle progettualità messe in campo dal Pnrr. “Minori e povertà educativa prima di tutto - spiega ancora Elias Gerovasi - quindi le nuove povertà, l’aiuto alimentare, l’integrazione dei migranti, il sostegno all’assistenza sanitaria. Fanno cose in buona parte diverse rispetto a quelle del Terzo settore classico, ma la tendenza a intervenire in Italia è una prassi ormai presente e consolidata da molti anni”.

Resilienza - “Stupisce il fatto che ci sia sempre più progettualità in Italia - commenta il segretario generale di Action Aid, Marco De Ponte - ma è una tendenza ormai consolidata. Action Aid è stata fra le prime a muoversi su questo fronte perché crediamo che una ong debba essere il più possibile radicata nel suo Paese, partecipando allo sviluppo della società civile locale. Noi ci occupiamo di diritti delle donne, in particolare di recupero e reinserimento delle vittime di violenza, cittadinanza inclusiva, percorsi di resilienza a seguito di disastri naturali. Povertà ed esclusione sociale tagliano in modo sempre più verticale i Paesi, non esistono più un sud e un nord geografico, ma aree di forte diseguaglianza in ogni angolo del Pianeta. E stare sulle questioni nazionali e locali ci permette di avere un ruolo politico e fare raccomandazioni di policy che vanno oltre l’aiuto allo sviluppo”.