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di Francesca Mari

Il Mattino, 24 ottobre 2023

Alla Casa Circondariale di Aversa, il primo progetto di “giustizia riparativa” per adulti. Sono usciti dal carcere per quattro giorni, per un campo di “giustizia riparativa” che si è concluso con la scalata alla vetta del Vesuvio, in segno di “redenzione”. Non avevano “lacci” né guardie penitenziarie a seguito, nessuno ha fatto passi falsi. Anzi, si sono commossi ed hanno riflettuto tanto. Si tratta degli otto carcerati della casa circondariale di Aversa, protagonisti della prima edizione nazionale del progetto “Libera Espressione”, promosso da Libera Campania, coordinato da Antonio D’Amore, Marilù D’Angelo, Barbara Pucello delle segreterie regionale e nazionale e Bruno Vallefuoco Libera Memoria. Il progetto, durato sei settimane, è stato realizzato in collaborazione con Il Garante delle persone private della libertà della Regione Campania, con l’Ufficio del magistrato di sorveglianza, Tribunale di Napoli, dottor Francesco Chiaromonte.

Il percorso si è articolato in una serie di incontri all’interno del carcere, in cui i detenuti sono stati preparati all’uscita esterna, al confronto con le Istituzioni, con il Terzo Settore e con le bellezze del territorio. L’ultima settimana, da lunedì a venerdì, è stata caratterizzata dal campo esterno. A bordo di un pullmino, i ragazzi insieme agli educatori hanno visitato alcuni luoghi simbolo, come l’area di Napoli Est con gli edifici confiscati alla camorra, la Fondazione Polis dove hanno incontrato Don Tonino Palmese, gli uffici del Consiglio regionale dove si sono interfacciati con il presidente, Gennaro Oliviero, e con il garante dei detenuti, Samuele Ciambriello.

Poi hanno assistito al panorama della città di Napoli sia dall’interno di una barca confiscata al trasporto illegale di migranti, sia dalla cima del Vesuvio che hanno visitato giovedì mattina. “È il primo progetto di questo tipo a livello nazionale - spiega Antonio D’Amore, segreteria Libera Campania - e ha interessato coloro che sono vicini al termine della pena. La legge Cartabia prevede la “giustizia riparativa” che pone attenzione al riavvicinamento tra vittime e carnefici. Qui parliamo, però lo più, di autori di violenze di genere o di reati per regolamenti di conti, ma nessuno degli otto ragazzi è affiliato ad alcun clan. Oltre alle uscite, abbiamo fatto incontrare loro i familiari delle vittime di camorra, non per il perdono ma per far sì che attraverso il confronto tra i due tipi di dolore, possa scattare coesione sociale. I ragazzi durante queste uscite hanno rispettato le regole, si sono confrontati con gli altri anche attraverso meditazioni profonde. Abbiamo affrontato, per esempio, il tema della violenza di genere e abbiamo capito che, mancando capacità di comunicazione, questi uomini usano i “gesti violenti”, come azioni primordiali, perché spesso non hanno cultura, non conoscono le parole”.

La scalata del Vesuvio - Poi il cammino, quello fino in cima al Vesuvio che rientra in un concetto di “cammino rigenerativo” che sta prendendo piede in Italia. Il percorso sul Vesuvio, infatti, fa parte anche di un circuito social della pagina “Ragazze in gamba”, fondata da Ilaria Canali e che racchiude tutte le esperienze di cammino salvifico in tutti i luoghi e le riserve naturali. “La scalata del Vesuvio - conclude D’Amore - è stata metaforica. Una sorta di ascesa verso una dimensione più profonda che lascia in basso errori e materialismo. La forza della natura, dei nostri territori “seduti sul fuoco” è la determinazione a cambiare. I ragazzi si sono offerti di aiutare l’Ente Parco a ripulire le pinete dagli alberi arsi dai roghi del 2017.