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di Ugo Magri

La Stampa, 13 luglio 2023

Negli stessi minuti in cui Giorgia Meloni riaffermava da Vilnius l’intenzione di tirare diritto sulla giustizia, e ieri pomeriggio intimava alle toghe di non distrarre il manovratore, il presidente della Repubblica stava incontrando al Quirinale i massimi vertici della magistratura italiana. Per dirsi che cosa, non è dato sapere: c’è un comunicato, sì, ma piuttosto scarno.

Vi si specifica semplicemente che Sergio Mattarella ha incontrato Margherita Cassano, primo presidente della Cassazione, e Luigi Salvato, procuratore generale presso la Suprema Corte. Né dal Colle sono filtrate indiscrezioni al riguardo. Tuttavia l’accavallarsi degli eventi, per quanto forse casuale, è significativo di suo. Proviamo a interpretarne il senso: proprio mentre il sistema giudiziario si sente sotto attacco, e addirittura Palazzo Chigi accusa parte della magistratura di fare opposizione strisciante al governo, con l’Anm furibonda sul piede di guerra, ecco il capo dello Stato che riceve nel suo salotto giudici e procuratori al più alto grado; non certo per rampognarli, come qualcuno da destra magari proverà a insinuare; semmai il contrario, per fugare certi timori, per tranquillizzare i magistrati, per rassicurarli che, fino a quando lassù ci sarà un Garante, nessuna loro delegittimazione verrà tollerata, l’equilibrio tra poteri sarà sempre salvaguardato.

Insomma, un chiaro segno di vicinanza. Altro significato del colloquio, ancora più netto: in questo match tra politica e giustizia Mattarella sarà tutto tranne che spettatore. La posta è troppo alta per tenersene fuori. Nelle forme dovute il presidente scenderà in campo facendo pesare la propria opinione attraverso quella che, con un anglicismo, viene definita dai giuristi “moral suasion”, cioè l’arte di persuadere con l’autorevolezza del ruolo. Una prima occasione si presenterà stasera, quando la premier salirà sul Colle per un appuntamento ormai purtroppo di routine, l’ennesima riunione del Consiglio Supremo di Difesa dedicato alla guerra in Ucraina. Il summit coi vertici militari è fissato alle 17 e durerà un’oretta almeno; dopodiché è possibile, anzi probabile, che una volta congedati i generali Mattarella e Meloni vogliano approfittarne per fare un “punto nave” e fissare alcune coordinate politiche. Ieri sera non era stato formalizzato alcun appuntamento, ma a organizzarlo è sufficiente un attimo. Dunque ci sarà il vis-à-vis.

Una volta che presidente e premier si ritroveranno di fronte, il discorso inevitabilmente cadrà sulla riforma Nordio di cui sul Colle è incominciato il vaglio. Mattarella dovrà autorizzarne la presentazione alle Camere e sulla sua decisione non sussistono dubbi: sarà certamente un via libera, il presidente ci metterà la firma perché non è mai accaduto nella storia della Repubblica che una riforma in embrione venisse bocciata prima ancora dell’esame parlamentare. Veti preventivi del Quirinale sarebbero concepibili, secondo gli esperti della materia, soltanto in caso di riforme francamente “eversive” tipo (per assurdo) il ritorno alla Monarchia o l’instaurazione di un regime dittatoriale, e non è questo il caso. Inoltre si sa, durante l’esame parlamentare un testo può venire riscritto da cima a fondo, cosa che spesso capita; alle volte lo stesso governo può farsi parte diligente, cambiando gli aspetti più controversi (il ministro Guardasigilli, a quanto risulta, è disponibile a confrontarsi nel merito); in astratto può perfino accadere che non se ne faccia più nulla, che strada facendo la voglia svapori e che il ddl sulla giustizia aggiunga una croce nel malinconico cimitero delle riforme mai nate. Tutti motivi per cui non sarà Mattarella a mettersi di traverso, specie in questa fase. Il presidente rivendica il diritto di decidere a conclusione dell’iter, se e quando il testo approvato dalle Camere arriverà sulla sua scrivania.

Intanto, però, dalla lettura del ddl stanno emergendo svariate criticità. Da quanto è dato sapere, riguardano soprattutto l’abolizione dell’abuso d’ufficio: novità che va incontro alle richieste bipartisan degli amministratori locali ma, per come è stata formulata, potrebbe configgere con le normative europee. Altri potenziali pericolosi cortocircuiti riguardano il “traffico di influenze”, reato su cui s’è abbattuta la scure di Nordio. Con un’aggravante, secondo i giuristi di casa al Quirinale: nel momento in cui siamo sotto stretta osservazione a Bruxelles per via del Pnrr e dei miliardi che non sappiamo spendere, cancellare certi reati non sarebbe un bel vedere sul terreno del rigore morale. Daremmo una cattiva rappresentazione di noi.

Di tutto questo Mattarella parlerà con Meloni. Se stasera troveranno il tempo di confrontarsi, il presidente esporrà i suoi dubbi col tono costruttivo di sempre. Rivendicherà in particolare l’importanza che la giustizia non torni ad essere un campo di battaglia. In pubblico la premier promette che non farà guerra alle toghe; ma abbassare il volume, farà intendere il presidente, è un imperativo per tutti, nessuno escluso.