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di Angela Balenzano

Corriere del Mezzogiorno, 10 novembre 2022

Un detenuto con problemi psichiatrici picchiato con calci e pugni da alcuni agenti della polizia Penitenziaria nel carcere di Bari. Quattro interminabili minuti di terrore mentre altri agenti stavano a guardare dimostrando “una disarmante naturalezza nell’adoperare o nel consentire che altri adoperassero violenza nei confronti del detenuto a riprova di un atteggiamento di prevaricazione e di abuso che parrebbe essere tutt’altro che occasionale”.

Sono alcuni dei dettagli che emergono dal provvedimento cautelare, firmato dal gip Giuseppe Montemurro, e notificato dai carabinieri a tre agenti della penitenziaria finiti ai domiciliari con l’accusa di tortura in concorso. Complessivamente gli indagati sono 15, tra cui un medico di turno all’infermeria del carcere, Gianluca Palumbo, 44 anni, indagato per omessa denuncia e falso e poi ancora tre infermieri.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e dal sostituto Carla Spagnuolo, sono partite dalla segnalazione della direzione del carcere e del comando della polizia penitenziaria di Bari relativa ad “una violenta aggressione” avvenuta tra le 5,10 e le 5,14 del 27 aprile scorso nei confronti di un detenuto 41enne “con problematiche psichiatriche da parte di alcuni agenti mentre lo stavano portando in infermeria” dopo che aveva bruciato il materasso e alcune suppellettili nella sua cella. Le fasi dell’aggressione sono state riprese dalle due telecamere installate al piano terra della seconda sezione.

“Ad innescare l’azione è scritto nelle carte dell’inchiesta - è il sovrintendente “il quale sferra il primo schiaffo” e poi a seguire ancora schiaffi e calci. Il detenuto finisce a terra e l’assistente capo Finestrone “già presente sulla scena partecipa a sua volta con violenza all’aggressione: sferra un calcio, poi una pedata violenta, poi un’altra ancora e in successione quattro calci con il piede sinistro sulla schiena” del 41enne. Le immagini registrate ritraggono il detenuto che, rannicchiato in posizione fetale sul pavimento, cerca di proteggersi dalle violenze degli agenti e con le braccia prova a schivare i calci dei suoi aggressori. “La vicenda non sarebbe mai stata portata all’attenzione del comandante della polizia penitenziaria se il 5 maggio il detenuto (picchiato, ndr) non avesse raccontato tutto l’accaduto” in occasione di una contestazione disciplinare che gli era stata mossa.

A quel punto il direttore del carcere e il comandante della penitenziaria hanno fatto acquisire le registrazioni delle telecamere al piano terra della seconda sezione “riscontrando la veridicità di quanto riferito” dalla vittima. Hanno poi accertato che nel referto stilato dal medico del carcere che aveva medicato il 41enne non c’era traccia delle violenze subite: di qui l’iscrizione del professionista nel registro degli indagati e sulla sua eventuale interdizione dalla professione il giudice si è riservato.

“Le violenze esercitate scrive il gip - hanno comportato un trattamento inumano e degradante” perché gli indagati avrebbero agito con “crudeltà” infliggendo “un carico di sofferenze certamente esuberante” per provocare al detenuto “conseguenze fisiche tese a perseguire una propria forma di soddisfazione”. Violenze che “hanno comportato sulla vittima acute sofferenze fisiche e ragionevolmente anche un verificabile trauma psichico”. In particolare “Coppi, Delia e Finestrone hanno posto in essere violenze che possono qualificarsi come gravi, alla luce della loro reiterazione, gratuità e attitudine lesiva”.