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di Edmondo Bruti Liberati

La Stampa, 22 dicembre 2023

Contro la demagogia delle buone intenzioni, servirebbe la valutazione di impatto pratico. Poiché si tratta di una legge delega, c’è da sperare che il governo non vada fino in fondo. Bavaglio alla stampa? No, perché nessuna legge insensata può mettere il bavaglio alla libera stampa in un Paese democratico. Legge insensata sì, anzi, poiché si tratta di una legge-delega, vi è la speranza che il governo non eserciti la delega, girata la pagina della demagogia e delle buone intenzioni, cui una saggezza popolare da sempre attribuisce il ruolo di lastricare le vie dell’inferno. Per le proposte di leggi di spesa vi è la valutazione della copertura, altrimenti niente “bollinatura” della Ragioneria dello Stato. Per diversi progetti è prevista la VIA, Valutazione di impatto ambientale. Come rimedio alla demagogia delle buone intenzioni occorrerebbe introdurre la VIP, Valutazione di impatto pratico. L’onorevole Costa canta vittoria sull’altare della tutela della privacy e della presunzione di innocenza, sembra dopo aver vinto resistenze anche dal ministero della giustizia ove sono abituati a misurarsi con la VIP.

L’ordinanza del GIP (non del Pm è sempre bene ricordarlo) che dispone misure cautelari è conosciuta dai magistrati, dai loro collaboratori, dalla polizia giudiziaria incaricata dell’esecuzione, tutti soggetti tenuti al segreto d’ufficio. Ma il nostro sistema processuale, che prevede una ben precisa e delimitata fase segreta dell’indagine, stabilisce che sull’ordinanza è cessato il segreto; l’ordinanza è notificata agli indagati e i loro difensori che non sono tenuti al segreto. Una strategia difensiva e comunicativa può legittimamente comportare che una parte abbia interesse a divulgare l’ordinanza per le più diverse ragioni, ad esempio, tra i tanti, per ridimensionare la propria posizione rispetto a quella più grave di altri coimputati.

La riforma Orlando del 2021 aveva rimosso la paradossale situazione di un atto non più segreto e dunque pubblicabile, non nel testo integrale o per stralci e dunque nel dato oggettivo, ma nella soggettiva interpretazione di chi ne propone un riassunto, evidenziando un aspetto piuttosto che altri. Non si tratta di inseguire l’impossibile oggettività assoluta dell’informazione, perché la libera stampa, con il solo limite del falso conclamato, ha il diritto di interpretare il documento e di evidenziarne le parti a sostegno di una tesi. Per la libera stampa vi è il diritto alla “parzialità”, ma l’accesso alle fonti e la possibilità di citarle sono la garanzia del pluralismo sul quale in democrazia si costruisce la pubblica opinione. Con la Legge Costa ad informazioni, legittimamente, parziali, distorte, tendenziose, faziose si potranno contrapporre solo altre opinioni, senza possibile supporto del documento originale.

Con la liberalizzazione introdotta dalla legge Orlando si è data la possibilità ai giornalisti di disporre del documento, non sottobanco e per vie traverse (come sempre avvenuto in passato), ma richiedendone copia all’ufficio giudiziario. In molti abbiamo auspicato che questa più ampia e trasparente liberalizzazione avrebbe dovuto sortire l’effetto virtuoso di indurre già il Pm nella richiesta e poi il Gip nell’ordinanza a selezionare con estrema cura i materiali da citare, tra i quali trascrizioni di intercettazioni; ciò non solo, come si usa sottolineare, per riguardo ai terzi estranei, ma anche per rispetto della dignità della persona indagata, la cui privacy può essere violata solo nei limiti strettamente necessari per l’indagine. È presto per valutare se nel complesso questo effetto virtuoso sia stato raggiunto, ma è significativo che tutti gli esempi negativi citati in questi giorni di intercettazioni private, probabilmente non rilevanti, finite sulla stampa risale all’epoca pre-Orlando, in cui tutto ciò era rigorosamente vietato.

Abbiamo visto anche il paradosso di articoli nei quali, a sostegno della Legge Costa, sono stati ripubblicati stralci di intercettazioni, di cui allora la pubblicazione era vietata, rinnovando a distanza di anni la violazione della privacy di persone a vario titolo coinvolte. E ancora, tra gli effetti virtuosi della legge Orlando, avrebbe potuto esserci un self restraint dei giornalisti: tutti hanno a disposizione il documento, non vi è il terribile rischio di “bucare la notizia” e dunque si può evitare di pubblicare dati che sono finiti nella ordinanza, ma che non sono essenziali.

Sta entrando a regime, superate le difficoltà pratiche, il sistema (sempre legge Orlando) della udienza stralcio per le intercettazioni. Le difese hanno il diritto di avere accesso a tutte le intercettazioni e nessun filtro può essere affidato al pm, il quale in assoluta buona fede, potrebbe ritenere insignificante un dato invece utilissimo alla difesa; poi, deciso in contraddittorio ciò che non è rilevante, lo si destina all’archivio riservato, con divieto assoluto di pubblicazione. Un sistema armonico di divieti e di liberalizzazioni che appena in fase di sperimentazione si vorrebbe stravolgere.