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di Giacomo Salvini

Il Fatto Quotidiano, 23 gennaio 2024

Il governo vuole inasprire ulteriormente la norma Costa: vietato riportare le ordinanze anche solo “parzialmente”. Il governo Meloni sta studiando un emendamento per modificare in senso ancora più restrittivo la norma del deputato di Azione Enrico Costa che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare: l’obiettivo è quello di rendere impossibile la pubblicazione integrale o “parziale” degli atti. È questa la possibile novità rispetto al testo approvato alla Camera prima di Natale e considerato un “bavaglio” da molti magistrati, giuristi e associazioni della stampa. Con questa modifica si tornerebbe esattamente alla legge in vigore prima del 2017, cioè quando non si poteva pubblicare niente dell’ordinanza di custodia cautelare: né integralmente né parzialmente.

La norma di Costa era stata approvata nella legge di delegazione europea - quella con cui il governo italiano deve adeguarsi al diritto comunitario - alla Camera il 19 dicembre: prevedeva una delega all’esecutivo per scrivere un provvedimento che vietasse la pubblicazione “integrale o per estratto” delle ordinanze di custodia cautelare. Norma approvata con il parere favorevole del governo e il voto della destra e di Iv/Azione.

Ora la legge di delegazione europea è passata al Senato per la seconda lettura. In commissione Affari europei la maggioranza non ha presentato emendamenti, mentre l’opposizione ne ha depositati diversi per cancellare la norma o modificarla. E il governo vorrebbe proprio utilizzare un emendamento dell’opposizione come grimaldello per trasformare la norma in senso ancora più restrittivo per i cronisti.

Il M5S, con una proposta a prima firma della senatrice Dolores Bevilacqua, vorrebbe smorzare il testo eliminando il divieto “per estratto” dell’ordinanza. Ora il ministero della Giustizia vorrebbe riformulare quell’emendamento proponendo il divieto di pubblicazione “parziale” dell’ordinanza, mantenendo anche il divieto integrale.

A un primo sguardo sembra che non ci siano grosse differenze tra la pubblicazione “per estratto” o “parziale”, ma fonti di maggioranza assicurano che invece c’è: la prima formulazione potrebbe garantire ai giudici una qualche forma di discrezionalità e quindi dare la possibilità ai cronisti di pubblicare comunque alcune parti delle ordinanze, mentre la seconda no. In estrema sintesi, se il nuovo emendamento passasse, i giornalisti non potranno più pubblicare niente delle ordinanze di custodia cautelare. Neanche una riga.

In questo modo il governo armonizzerebbe il nuovo provvedimento all’articolo 114 del codice di procedura penale che vieta proprio la pubblicazione “anche parziale” degli atti coperti da segreto. Inoltre, in questo modo si tornerebbe esattamente alla disciplina che esisteva prima del 2017, quando la riforma Orlando delle intercettazioni concesse la possibilità di pubblicare le ordinanze di custodia: così, invece, si tornerebbe alla vecchia legislazione introdotta nel 1988 dal codice Vassalli.

A lavorarci sono gli uffici legislativi del ministero della Giustizia ma non è detto che il blitz riesca. Oggi la commissione Affari europei del Senato inizierà a votare gli emendamenti e, per arrivare a meta, il governo dovrà convincere il M5S ad accettare la riformulazione dell’emendamento. Ipotesi alquanto improbabile. Ma non è escluso che l’esecutivo possa presentarlo come proposta autonoma. Ieri sera al ministero della Giustizia erano ancora in corso valutazioni visto che una modifica alla legge di delegazione europea comporterà il ritorno alla Camera per la terza lettura.

L’emendamento avrebbe anche un significato politico rilevante: sarebbe la prima volta che il governo mette le proprie impronte digitali sul provvedimento voluto da Costa. Se dovesse passare, quindi, difficilmente l’esecutivo potrebbe decidere di non esercitare la delega su una norma voluta da se stesso. Dopo le proteste della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) e dell’Ordine dei giornalisti, Meloni durante la conferenza stampa del 4 gennaio aveva spiegato che la norma di Costa “era frutto del Parlamento e non del governo”. Se dovesse passare la nuova formulazione, non sarà più così: l’esecutivo sarà il vero artefice della nuova limitazione sulla pubblicazione degli atti d’inchiesta.