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di Liana Milella

La Repubblica, 22 ottobre 2023

Il consigliere laico di Italia viva Carbone ha chiesto di discutere nuove regole. Lo aveva già fatto e lo sostiene anche adesso il senatore di Forza Italia Zanettin. Lecito sollecitarla, opinabile approvarla. Al Csm torna l’istanza - la presenta il consigliere laico indicato da Italia viva Ernesto Carbone - di fissare un decalogo per gli interventi via social dei giudici. Stessa petizione aveva fatto, due Csm fa, l’avvocato e oggi senatore forzista Pierantonio Zanettin. La sua si fermò, ma quella di Carbone, visti gli equilibri politici dell’attuale Csm - centrodestra in maggioranza, centrosinistra in minoranza - potrebbe andare a buon fine, soprattutto sull’onda del caso Apostolico, la giudice di Catania che ha disapplicato il decreto Cutro e che, per il centrodestra, porterebbe anche la “colpa” di aver espresso le sue opinioni proprio sui social. Lo ha rivelato il quotidiano Libero, raccontando anche che la pagina era stata poi cancellata.

Il magistrato oggi ha una stella polare, non solo deve essere, ma deve anche apparire imparziale. Né di destra, né di sinistra dunque. La sua deontologia, il suo senso di responsabilità, la sua auto tutela deve spingerlo a essere e anche a sembrare del tutto al di sopra delle parti. Pertanto non fazioso, né tantomeno prevenuto per via della sua fede in un’ideologia, qualunque essa sia, che possa influenzare o addirittura dirigere le sue opzioni giuridiche. Evidentemente è una questione di coscienza. Perché chi fa il giudice, quale che sia la materia di cui si occupa, sa bene quale comportamento personale o quale scritto pubblico può appannare la sua immagine di assoluta imparzialità. Nessuno di noi, del resto, vorrebbe trovarsi di fronte a un giudice partigiano.

Se il principio è giusto, la via di codificare tutto questo con una “circolare” del Csm appare singolare. Anche perché già esiste il Codice deontologico dell’Associazione nazionale magistrati e per chi deroga ad esso ci sono una serie di possibili “punizioni” che giungono fino alla radiazione, proprio com’è avvenuto per Luca Palamara. Il Csm poi conta sulla sua “sezione disciplinare” che ha il potere di punire, con vari gradi di pena, comportamenti fuori linea delle toghe.

Proprio mentre l’Anm si schiera dalla parte di Apostolico e il Csm discute la pratica per tutelarla, la richiesta di Carbone suona come un richiamo all’ordine. Con un’evidente difficoltà: come si può stabilire quale post è lecito pubblicare sui social? Può appannare l’imparzialità diffondere l’annuncio di un convegno o di una manifestazione? Può essere un indizio “postare” la copertina di un libro? Può comportare una reprimenda pubblicare il video di una manifestazione pubblica? O semplicemente riprodurre una foto?

La legge sull’ordinamento giudiziario del 2006 - che fu firmata dall’allora Guardasigilli Clemente Mastella, ma che era il frutto del suo predecessore leghista Roberto Castelli - contiene già un nutrito elenco di illeciti disciplinari. E spigolando tra questi è ben chiaro cosa il magistrato possa e non possa fare. Un ulteriore decalogo assomiglia a un bavaglio. Meglio dire allora: cari amici non siete uomini e donne liberi, quindi state lontano dai social. Anche perché, se li usate, finisce come per i giudici che, in queste ore, si occupano di migranti. Noi - il governo, il ministro della Giustizia titolare dell’azione disciplinare, il Csm - misureremo la vostra imparzialità dopo aver spulciato le vostre pagine social. Ovviamente per condannarvi meglio.