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di Gaia Tortora

Il Riformista, 21 settembre 2023

Condannato per un reato che non ha commesso, Beniamino è accusato di essere coinvolto in una strage avvenuta nelle montagne di Sinnai nel 1991. Da 33 anni è in carcere da innocente. A breve si terrà la revisione del processo.

33 anni. 33 anni di carcere da innocente. Un caso senza precedenti quello di Beniamino Zuncheddu 58 anni, condannato per un reato che non ha commesso. Beniamino è accusato di essere coinvolto in una strage avvenuta nelle montagne di Sinnai nel 1991 quando in località Cuili is Coccus, furono uccisi tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita. Ma la condanna all’ergastolo si basa su elementi inconsistenti.

A far condannare all’ergastolo in via definitiva Beniamino Zuncheddu furono le dichiarazioni dell’unico superstite della strage. Una sola dubbia prova, una, e l’ergastolo. Una testimonianza definita dubbia dalla difesa, arrivata dopo presunte pressioni da parte di uno degli agenti che indagava sul triplice omicidio. Il poliziotto avrebbe fatto vedere al testimone, che inizialmente aveva detto di non ricordare il volto dell’assassino perché coperto, una foto di Zuncheddu spingendolo a fornire una dettagliata descrizione dell’omicida che combaciava con quella del pastore.

Da qui la condanna. Tutta la comunità di Burcei paese natale di Beniamino combatte al suo fianco, tutta. Il sindaco, il sacerdote e tutti gli abitanti. Senza mai far venire meno il supporto ad un uomo che non si sa come ha resistito 33 anni ma che ora, dovete saperlo, sta per crollare. La revisione del processo in corso presso la Corte di appello di Roma è basata su prove schiaccianti con i giudici chiamati a decidere sull’ammissione dei testimoni nel procedimento di revisione del processo sfociato nella condanna e anche sulla richiesta di sospensione della pena. L’udienza avrebbe dovuto essere riservata all’audizione del perito incaricato di trascrivere alcune ultime intercettazioni di comunicazioni ambientali e telefoniche, ma visto che i file audio gli sono stati trasmessi in ritardo il tecnico ha chiesto e ottenuto una proroga fino al 4 ottobre. Il processo è stato rinviato al 13 ottobre e in quella data saranno esaminati anche i due testimoni indicati dal pubblico ministero: il carabiniere al quale il testimone rese le prime dichiarazioni (in cui non accusava Beniamino Zuncheddu) e un amico della famiglia delle vittime.

33 anni. 33 anni in carcere da innocente a pregare e sperare. Beniamino è una persona semplice, un ex pastore, un ragazzo facile da mettere in mezzo, da incastrare. Uno che tanto non avrebbe avuto i mezzi ne la voce per difendersi. A Beniamino è rimasta solo la fede, incrollabile quella sì, ma oggi non basta più neanche quella. Beniamino da tre settimane sta male, si è lasciato andare, non reagisce, e di certo non può più aspettare i tempi di una giustizia di cui sì oggi mi vergogno. Lo stato sta tenendo in carcere un uomo innocente. Tre anni dalla revisione del processo e forse solo oggi si è fatto un piccolo passo avanti con il giudice che ha mostrato tutta l’intenzione di velocizzare l’iter. Perché probabilmente il o i colpevoli di quel reato forse sono ancora fuori, ma di certo sappiamo che un innocente è in carcere per qualcosa che non ha commesso.

Stringo forte la mano ad Augusta, la sorella di Beniamino che è arrivata fin qui con alcuni compaesani per manifestare davanti alla Corte di appello e poi presenziare all’udienza. Augusta è stremata quando le passano il microfono la stringo ancora di più e ascolto. Questa donna dolce e forte come solo una sorella certa dell’innocenza di un fratello sa essere, dice con un filo di voce, tremando “la giustizia deve fare il suo corso…” volendo dire che la giustizia in quanto giusta deve riconsegnare suo fratello alla libertà. Ecco ho un sussulto e mi dico “no diamine non deve fare il suo corso altrimenti Beniamino non vedrà riconosciuta la sua innocenza, non con questi tempi, la giustizia deve sbrigarsi a riconsegnare Beniamino alla sua vita da uomo innocente”. 33 anni. 33 anni. Provate a pensare quante cose avete fatto voi in 33 anni.

I concittadini di Beniamino, chi ha potuto è arrivato fino a Roma per manifestare ancora una volta la solidarietà. Io voglio ricordare le parole di una giovane ragazza presente davanti alla Corte di appello, Paola: “Chiedo alle istituzioni che venga ridata fiducia, molte volte si dice che noi giovani non rispettiamo le leggi, non abbiamo fiducia nelle istituzioni, non è vero. Noi chiediamo però che oggi venga dato un segnale molto forte ovvero di fiducia affinché gli italiani e i giovani continuino ad avere fiducia nelle istituzioni e nella giustizia, perché’ oggi un cittadino sta pagando ingiustamente mentre l’autore del reato è ancora fuori. Chiedo ad ognuno di noi di mettersi per un istante nei panni di Beniamino ed essere privati della libertà. Basta un secondo per capire”. Ecco provateci anche voi che leggete queste righe. 33 anni sono una vita. Per un crimine orrendo mai commesso. Beniamino Zuncheddu non deve aspettare oltre. E io di questa giustizia mi vergogno.