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L’Unità, 15 novembre 2023

Svolta alla revisione del processo in corso per la strage di Sinnai. “Mi fu indicata la foto di Beniamino Zuncheddu, un poliziotto mi disse che il colpevole era lui”. La condanna all’ergastolo per triplice omicidio. L’unico superstite e testimone chiave della strage in una seduta drammatica ha confermato i dubbi di avvocato e Procura. La strage è quella del Sinnai, Sardegna, del 1991: tre pastori uccisi. Il condannato, che si è proclamato sempre innocente, Beniamino Zuncheddu sta scontando l’ergastolo. È in carcere da 33 anni. Luigi Pinna, l’unico superstite della strage e testimone chiave, ha rilasciato le dichiarazioni nell’ambito del processo di revisione in corso davanti ai giudici della Corte d’Appello di Roma. All’esterno del tribunale di Roma, durante l’udienza di ieri, un sit di familiari e militanti del partito Radicale che da sempre sostengono l’innocenza del condannato.

“Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così”, ha detto il teste. “Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata. Penso che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una. Con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere”. Il teste si sarebbe contraddetto diverse volte e ha raccontato che il killer aveva “il volto travisato da una calza”. Una deposizione drammatica: “Non ce la faccio più, sto impazzendo, vorrei morire. In questi anni sono stato minacciato varie volte”. Il caso si trova a una svolta clamorosa.

La strage si consumò l’8 gennaio del 1991, sulle montagne tra Sinnai e Burcei in provincia di Cagliari, in un ovile Cuile is Coccus. Un triplice omicidio: a morire assassinati Gesuino Fadda, proprietario dell’allevamento, il figlio Giuseppe e il pastore Ignazio Pusceddu. Pinna era marito di una delle figlie di Fanna. È l’unico superstite, in un primo momento disse di non essere in grado di riconoscere l’assassino, che aveva il volto coperto. Qualche settimana dopo cambiò versione, affermò di aver riconosciuto Zuncheddu, da una fotografia.

Beniamino Zuncheddu, pastore di Burcei, oggi 59 anni, venne arrestato e a giugno 1992 arrivò la condanna definitiva all’ergastolo. Si è sempre proclamato innocente. La difesa sostiene che la testimonianza chiave e determinante della condanna sarebbe stata in qualche maniera influenzata da presunte pressioni da uno degli agenti che indagava sul triplice omicidio. Pinna ha confermato quei dubbi ieri, davanti alla corte d’Appello, grazie anche a un interprete che ha tradotto dal sardo all’italiano. “Pensavo di fare una cosa giusta, così mi era stato detto”, ha motivato la sua testimonianza.

Le indagini e la versione dell’agente - Il poliziotto Mario Uda ha negato di aver mostrato al superstite la foto di Zuncheddu prima del riconoscimento ufficiale. “Non gli ho mostrato alcuna immagine”, ha dichiarato. La testimonianza si muove nella traccia dei dubbi sollevati dall’avvocato Mauro Trogu e dall’allora pg di Cagliari Francesca Nanni. La richiesta di revisione si è basata anche sulle intercettazioni di un colloquio avuto in auto tra Pinna e la moglie dopo la convocazione del superstite in tribunale a Cagliari. “Chi sa deve parlare”, aveva affermato la sorella dell’imputato, Augusta. “Beniamino non c’entra niente con questa storia, è innocente. Lotterò fino all’ultimo respiro per ottenere la sua scarcerazione”.