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bergamonews.it, 30 luglio 2023

I rappresentanti dell’associazione Nessuno Tocchi Caino in visita al carcere di via Gleno: “Oltre 300 tossicodipendenti, il 60% ha problemi psichiatrici”. Un suicidio nel 2023. L’avvocato Pelillo: “Mancanza di funzione rieducativa”. Le condizioni dei carcerati, il sovraffollamento, la salute mentale. Nella mattinata di sabato (29 luglio) l’associazione Nessuno Tocchi Caino, insieme ad una delegazione della Camera Penale Lombardia Orientale, ha visitato la struttura detentiva di Bergamo, parte di un tour iniziato da Bolzano e che terminerà a San Vittore dopo aver toccato gran parte del nordest. Un viaggio che “non è solo opera di misericordia, ma soprattutto di ascolto e attenzione”. Il responso dopo il passaggio in via Gleno, esposto in una conferenza stampa che si è tenuta nel pomeriggio, è chiaro e presenta svariate criticità, strutturali e di gestione: “Lo stato di abbandono è la cifra della considerazione che le istituzioni hanno di quel luogo: non ci credono più”.

La delegazione prevedeva, per l’associazione Nessuno Tocchi Caino, la presidente Rita Bernardini, il segretario Sergio D’Elia e la tesoriera Elisabetta Zamparutti. Per la CPLO Enrico Pelillo, presidente della sezione di Bergamo, Barbara Bruni, segretaria della sezione di Bergamo, Stefania Amato, vicepresidente, Federico Merelli, referente dell’osservatorio carcere del sezione di Bergamo, Marialaura Andreucci, tesoriere, Antonio Giangregorio e Alice Zonca, membro direttivo sezione di Bergamo. In più Marina Cavalleri, Giudice del tribunale di Brescia, e Valentina Lanfranchi, garante dei detenuti del Comune di Bergamo. Ad accompagnarli la direttrice del carcere Teresa Mazzotta, più comandante e una giovane educatrice.

“I disservizi del sistema provocano una mancanza della funzione rieducativa” apre Enrico Pelillo, “ieri l’associazione era a Brescia e il sentore comune tra queste due città è lo stato di degrado in cui si trovano queste due carceri”.

“Tutto lo staff dirigenziale è di altissimo livello, ma non si possono fare le nozze coi fichi secchi” prosegue Rita Bernardini: “Questo istituto può accogliere 317 detenuti, oggi ne abbiamo trovati 523. Un sovraffollamento del 164% quando la media nazionale è del 122%. Siamo tornati qui dopo due anni e il numero di detenuti è salito ancora. Alla direttrice ho chiesto la prima cosa che volesse modificare: mi ha risposto che è il numero di detenuti. Sono troppi. Si dice sempre che bisogna fare in modo che il carcere sia l’estrema ratio e servono misure alternative, ma poi i numeri dicono che il carcere emerge come soluzione primaria”.

Sono 409 i detenuti definitivi all’interno della struttura: per 74 la fine pena è entro un anno, per 85 entro i 2 anni, per 79 entro i 3 anni e per altri 58 entro i 4 anni. Un totale di 296 detenuti con una pena entro i 4 anni, “vale a dire il termine minimo per valutare misure alternative”, spiega. A questi si aggiungono i detenuti in custodia cautelare: 48 in attesa di primo giudizio, 14 appellanti. “Nonostante offerte di volontariato e di associazioni, questa cifra è significativa: il carcere non è l’estrema ratio. E c’è carenza di agenti di polizia penitenziaria: sono 132 su 243 posti”.

“Il manicomio che abbiamo abolito, in realtà non l’abbiamo abolito: è in carcere. 180 detenuti anche con patologia mentale. Il carcere di Via Gleno è parte della città ed è un guaio se viene considerato nascosto o clandestino. Perché le persone escano con tranquillità, devono esser trattate bene” sostiene Sergio D’Elia, “In una sezione in cui erano rinchiusi i detenuti con gravi problemi di salute mentale, uno aveva appeso un cappio. ‘Se continuerò a stare in questa situazione, la soluzione è quella’, ci ha detto, indicandolo. Abbiamo avvisato gli agenti”.

Un suicidio all’interno della struttura si è verificato proprio nel 2023, di una persona che era di passaggio: “Doveva essere trasferito in una sezione protetta” spiega Rita Bernardini. “Lo psicologo non aveva rilevato problemi. Alla prima carcerazione va concessa una grande attenzione”. Si stima che siano circa 300 i detenuti tossicodipendenti: il 60% di questi ha problematiche psichiatriche. “in determinate sezioni si ha quasi la sensazione di entrare in un manicomio”, afferma d’Elia. I farmaci e le droghe circolano con regolarità in ogni struttura, spiega la presidente dell’associazione.

A ciò si sommano i problemi strutturali riscontrati: l’assenza o il malfunzionamento delle docce in diverse sezioni, lo stato di degrado delle strutture. La carenza del lato rieducativo: le professioni che si possono svolgere dentro il carcere son per circa 70-80 detenuti, con le lavorazioni non si arriva oltre le 40. In più ci sono gli spazi sempre più ristretti: “Celle di 4,5 metri di lunghezza per 2 di larghezza, con il bagno con la stessa lunghezza ma larghezza dimezzata. Molti metri quadri sono occupati da letti, armadi, frigo, accampamenti di vestiti. Non è spazio calpestabile” spiega il segretario D’Elia, “non sono rispettate le regole minime di decenza di spazio vitale. Siamo già fuori norma: al di sotto dei 3 metri quadri a testa è un trattamento inumano che viola la condizione europea”.

“Si trattta di una situazione da risolvere a livello legislativo e a livello territoriale con la magistratura, con l’applicazione di misure cautelari diverse e la concessione di misure alternative” sottolinea Stefania Amato, “ogni magistrato di sorveglianza ha più di 500 casi, più quelli sospesi in attesa di esecuzione: questo comporta una dilatazione dei tempi sotto ogni punto di vista. Una prospettiva in cui crediamo molto è l’accesso alla giustizia riparativa. Qui a Bergamo un detenuto ci ha raccontato di aver iniziato i colloqui con un mediatore qualificato e uno in tirocinio: incontrerà la vittima del suo reato. È una cosa che consentirà ai detenuti un lavoro di riflessione su sé stessi”.

“L’auspicio è che si possa lavorare su un filone diverso, un lavoro onesto sull’inutilità di alcune pene e frammenti di pena, uno sfoltimento ragionato. Mi rincuora il modo in cui i detenuti vedono il rapporto con la polizia penitenziaria - evidenzia invece Francesco Merelli - mi è sembrato disteso, cosa che non sempre accade”.