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di Rocco Vazzana

Il Dubbio, 29 luglio 2023

L’ex presidente della Camera: “Bene Schlein e Conte a mettere al centro il tema, ma per ora siamo solo sul terreno della tattica parlamentare, per una battaglia sociale serve il conflitto”.

“Sul terreno della tattica parlamentare, e prima ancora nell’individuazione del salario minimo come tema di iniziativa politica forte, l’azione di Elly Schlein e Giuseppe Conte è certamente una buona cosa. Tuttavia bisogna essere molto avvertiti sul fatto che la tattica parlamentare è pur sempre una prigione, è un campo molto circoscritto e asfittico”. L’ex presidente della Camera ed ex segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti non esulta troppo davanti alla mossa delle opposizioni che hanno costretto il governo a una piccola retromarcia sul salario minimo: la discussione sarà rimandata a settembre ma almeno il tema non è stato cancellato dall’agenda come avrebbe voluto la maggioranza. Bisogna uscire dalla tattica e muoversi sul terreno politico e sociale per poter cantare vittoria.

Dunque, come si esce dalla prigione tattica?

L’avvio di una battaglia sociale ha bisogno di ben altro respiro e di un altro campo della contesa.

Quale sarebbe il campo della contesa?

Quello del conflitto sociale, della partecipazione di massa, della mobilitazione, della costruzione di una piattaforma più ampia. Bene Conte e Schlein, ma vinta la prima manche ora si dia la parola al conflitto.

Ma la società italiana è davvero in grado di esprimere conflitto?

Prima di tutto una forza politica dovrebbe anche promuoverlo. E se uno posa lo sguardo al di là delle Alpi forse si accorge che il conflitto può anche scoppiare in maniera imprevista.

Si immagina Schlein e Conte a promuovere il conflitto?

La discussione sulle leadership è fuorviante rispetto alla contesa reale. Ritengo da troppo tempo che la sinistra politica come tale abbia smesso di esistere, è soltanto una manifestazione istituzionale priva del fondamento e della forza che le potrebbe derivare dall’essere un soggetto sociale e politico.

Un ruolo decisivo dovrebbe svolgerlo anche il sindacato?

Naturalmente sì, ma non solo. Perché il terreno del conflitto sociale non è solo una prerogativa sindacale. I sindacati, per altro, arrivano tardi e divisi all’appuntamento del salario minimo.

Persino la Cgil si è convinta solo in tempi recenti della bontà di questa battaglia. Perché?

C’è da dire però che la Cgil è stata la prima organizzazione ad accorgersi del rilievo di una battaglia di questo tipo. L’annuncio di una mobilitazione generale, fino all’ipotesi di sciopero generale, è indicativo di una presa d’atto di questa necessità.

Ma quali sono le ragioni del ritardo?

Dipendono da un atto di presunzione e di percezione della propria forza. Per troppo tempo la Cgil si è rifiutata di vedere che era finita una stagione. Il mutamento della composizione sociale del lavoro ha lasciato scoperta un’intera platea di lavoratori. E da allora è emersa la questione del salario minimo garantito come una necessità assoluta.

Il sindacato non si è accorto del mondo che cambiava?

Il sindacato italiano - protagonista assoluto del conflitto sociale negli anni 70, capace di ottenere vittorie straordinarie: dallo Statuto dei diritti dei lavoratori alle conquiste del potere in fabbrica - ha pensato nella fase ascendente della sua storia che col contratto si potesse coprire la rappresentanza dei bisogni nell’intera popolazione lavorativa. All’epoca questa convinzione aveva un senso perché la contrattazione si allargava e si qualificava, ma questo ciclo è finito attorno agli anni 80. E da allora la contrattazione si è sempre più impoverita. Per citare quel grande sociologo che era Luciano Gallino, da un certo punto in poi il conflitto di classe si è rovesciato: ad agire sono stati i padroni contro i lavoratori e non i lavoratori contro l’impresa.

L’introduzione del salario minimo potrebbe stravolgere questa prospettiva?

Il salario minimo è una causa giusta, ma non è sufficiente se non è connesso ad altre battaglie sul reddito: la difesa del reddito di cittadinanza, la necessità di un aumento generalizzato dei salari e delle pensioni. Bisogna mettere al centro il tema politico- sociale di una distribuzione diversa della ricchezza.

Forse con il salario minimo garantito molte delle polemiche sul reddito di cittadinanza sarebbero venute meno. Il problema era rappresentato da quelli che alcuni definivano con sprezzo “divanisti” o dalle paghe da fame offerte?

Le polemiche magari ci sarebbero state comunque ma quelle argomentazioni sarebbero state senz’altro contrastate più efficacemente. Intendiamoci, siamo davanti a un fenomeno epocale: la tendenziale riduzione del lavoro socialmente necessario. Basti pensare all’intelligenza artificiale che mette il mondo del lavoro di fronte a un problema che negli anni dell’espansione non si poneva: una parte della popolazione non sarà nelle condizioni di lavorare perché sarà sostituita.

In questa prospettiva il salario minimo servirebbe a poco...

La disoccupazione tecnologica è un tema serio. Per questo persino il reddito di cittadinanza rischia di rivelarsi inefficace, a meno che non venga pensati come un reddito universale che copre tutti. La polemica della destra sui “divani” non è solo razzismo sociale, è anche frutto di un’ignoranza del mutamento della composizione sociale del lavoro e del peso dell’innovazione tecnico- scientifica su di esso.

Per la destra il salario minimo è pericoloso perché rischia di livellare verso il basso di tutti i contratti. Cosa pensa di questo ragionamento?

Non c’è nessun nesso causale tra una cosa e l’altra. Francamente mi sembra di trovarmi davanti a un ragionamento tecnicamente infondato e politicamente insensato. Da quale schema di ragionamento deriva il fatto che se io metto una soglia sotto la quale non si può scendere significa pure che non si può salire? Ci sono milioni di lavoratori totalmente fuori da ogni tutela contrattuale, ma di cosa stiamo parlando? Apriamo un ombrello che copra coloro sui quali piove. La verità è che siamo di fronte a una rivincita insopportabile del profitto e della rendita sui salari.