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di Elisa Sola

La Repubblica, 27 febbraio 2024

“Un’intimidazione”. Silvia Caronni aveva presentato gli esposti che avevano fatto aprire l’indagine, tuttora aperta e coperta da segreto, in cui è indagata una trentina di agenti della penitenziaria. Un altro caso avvolto dal mistero. Un’altra inchiesta che proverà a fare luce su combinazioni che forse non sono tali. Un caso che, comunque andrà a finire, preoccupa la garante comunale dei detenuti di Biella, Sonia Caronni. Alcuni giorni fa, nella notte tra il 12 e il 13 febbraio, la garante ha subito un furto in casa. Un episodio strano, perché dalla villetta a due piani nella quale la garante vive con la famiglia, a Biella, sono spariti il suo cellulare di servizio e, soprattutto, le copie di denunce e atti giudiziari relativi all’inchiesta - tuttora in corso - sulle presunte torture commesse (secondo la procura) da alcuni agenti della penitenziaria contro vari detenuti.

Caronni in questo procedimento penale, che al momento vede indagati una trentina di poliziotti penitenziari in servizio al carcere di Biella, ha un ruolo fondamentale. È stata lei a raccogliere le prime denunce dei primi tre detenuti picchiati, o meglio, torturati secondo l’ipotesi dell’accusa. Uomini a cui avrebbero legato le caviglie e i polsi con del nastro adesivo.

L’esposto della garante comunale, unito ad altre segnalazioni, aveva dato il via, un anno fa, a un’indagine che al momento non è chiusa e che è coperta dal segreto. Caronni non ha dubbi: “Non è un furto normale, è un’intimidazione importante - dice a Repubblica - Avrebbero potuto prendere tutti gli ori e i gioielli, non lo hanno fatto. Io sto per finire il mio secondo mandato da garante dei detenuti. Un episodio del genere è un messaggio ben chiaro. Voglio vedere adesso, una volta scaduto il mio secondo incarico, chi si farà vivo per candidarsi”.

Sullo strano furto indaga la polizia, coordinata dalla procura di Biella, che in questi giorni è anche alle prese con il lavoro finale dell’inchiesta sulla sparatoria di Rosazza. La festa di Capodanno, a cui aveva partecipato anche il sottosegretario alla giustizia Delmastro (con la sua scorta della polizia penitenziaria), poi rovinata dall’esplosione di un colpo partito dalla pistola del deputato (poi sospeso) di Fratelli d’Italia, Emanuele Pozzolo, indagato. Non esistono collegamenti tra le due indagini.

Il furto in casa della garante dei detenuti è avvenuto la sera del 12 febbraio. “Ero impegnata al teatro della Scala - racconta Caronni - e con me avevo portato soltanto il cellulare personale. Quello di servizio lo avevo lasciato a casa, in carica. Sono tornata alle due meno un quarto di notte. La porta era aperta. Non c’erano segni di effrazione. Ho subito notato che il telefono che mi ha assegnato il Comune per lavorare era sparito, insieme a copie di denunce ed esposti che avevo fatto in procura”. La garante denuncia subito e si attiva immediatamente la procura. Gli investigatori non escludono alcuna ipotesi. Nemmeno, ovviamente, che a commettere o ordinare il reato sia qualcuno legato all’inchiesta sulle presunte torture.

L’inchiesta sulle presunte torture era nata quando, alcuni mesi fa, la garante comunale aveva fatto partire un esposto, con la dirigente sanitaria del carcere, dopo avere saputo che tre detenuti di nazionalità georgiana avevano denunciato di essere stati picchiati e immobilizzati, oltre che con le manette, con del nastro adesivo ai polsi e alle caviglie. Il primo detenuto che avrebbe subito questo trattamento era stato trasferito a Cuneo. Caronni era riuscita a raggiungerlo e a raccogliere la sua testimonianza. Altri due carcerati ristretti a Biella si erano fatti avanti alcuni giorni dopo. E grazie alla testimonianza della dirigente sanitaria, e ai video delle telecamere interne all’istituto penitenziario di Biella, l’inchiesta era proseguita. È tuttora in corso. I detenuti non hanno smesso di denunciare. La garante ha continuato il suo lavoro. Ma la scorsa notte, dalla sua scrivania, sono sparite copie di atti preziosi.

“Credo che siano usciti dalla terrazza al primo piano - racconta Caronni - non hanno scassinato niente. Da quella terrazza si finisce direttamente nel bosco. Il cancello era aperto. Non può essere un caso. Credo davvero si tratti di un’intimidazione”.