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di Federica Cravero

La Repubblica, 12 febbraio 2023

Tre carceri piemontesi travolte da inchieste in cui viene contestato a decine di agenti della Polizia penitenziaria il reato di tortura. L’ultimo caso a Biella, con 28 indagati per detenuti legati e picchiati. Prima Ivrea, dove le violenze nel cosiddetto “acquario” sono andate avanti per anni prima di vedere 45 indagati. E ancora Torino, dove è alle battute finali il primo processo in cui per la prima volta è stato individuato il reato di “ tortura di Stato” introdotto nel 2017.

Esiste dunque un caso Piemonte? “Non esiste se intendiamo che in questa regione i detenuti vengono picchiati e maltrattati più che altrove. Ma certo ci sono delle peculiarità”, è l’analisi di Bruno Mellano, garante dei detenuti della Regione Piemonte. Una è che qui siamo “particolarmente deficitari nelle figure apicali “: mancano direttori e comandanti della penitenziaria, alcuni sono “a scavalco” tra più sedi, a Biella c’è stata una “rotazione frenetica”, mentre a Torino, pur essendo considerato il carcere più complesso d’Italia, la direttrice è sola perché di sei vicedirettori che ci sono sulla carta, ce n’è appena uno “a scavalco”.

E per quanto il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro abbia annunciato “ entro marzo direttori e comandanti fissi nelle carceri”, in Piemonte il timore è di “ perdere altri pezzi”, ammonisce Mellano pensando per esempio a Cosima Buccoliero, che ha avviato il conto alla rovescia per lasciare il Lorusso e Cutugno: candidata alle regionali in Lombardia, ha anche fatto domanda ditrasferimento. E le poltrone vuote non sono solo carenze amministrative: “Se vuoi raccontare un fatto ma non trovi nessuno, a chi fai la segnalazione?”, dice Mellano.

Per contro - ed è un’altra caratteristica del Piemonte - qui si contano 13 garanti per 13 penitenziari. Sono stati loro in tutte queste inchieste a raccogliere e a portare all’attenzione delle autorità segnalazioni di violenze fisiche e psicologiche. E le denunce hanno iniziato a susseguirsi: “ Quando si accende una luce su un fatto, anche altri casi escono allo scoperto - continua il garante. “Tuttavia è importante che tutti vedano nei garanti una figura di garanzia appunto, anche a loro tutela, non antagonista. Gli stessi agenti e sindacati devono capire che sta a loro il compito di sporgere denuncia quando ci sono dei soprusi, per difendere la loro professionalità e per evitare che certe situazioni di malessere incancreniscano”. Con una considerazione: che il ruolo dei garanti si ridimensionerebbe “se ci fosse più attenzione da parte dei sanitari a intercettare problemi psicologici o familiari o personali che si trasformano in malessere o in aggressività”.

Ma il problema è che spesso il personale è insufficiente: “A Biella per esempio è raddoppiata la struttura con un nuovo padiglione, si è duplicata la popolazione carceraria, ma sempre con lo stesso personale”, sottolinea il garante regionale. E gli agenti si ritrovano a fare un po’ di tutto, “gli educatori, gli assistenti sociali, gli psicologi. Quando ci vorrebbero molti più psicologi in carcere: per i detenuti, ma anche per il personale”.