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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 6 settembre 2023

89 indagati, 56 misure cautelari. La procura: “In quell’istituto non ci spiegavamo l’aumento della tossicodipendenza negli ultimi anni”. È il carcere della “grigliata” notturna organizzata il 27 luglio scorso dal sindacato di polizia penitenziaria Sinappe a cui partecipò, insieme ad alcuni esponenti locali della destra, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove (ma non la Garante dei detenuti territoriale, Sonia Caronni, mai invitata). Il Pd denunciò che quella notte tra gli invitati all’insolita festicciola che si svolse all’interno della Casa circondariale di Biella c’erano anche “alcuni agenti coinvolti nelle indagini su presunti illeciti nel carcere”, ma i dem si riferivano con ogni probabilità ad un’altra inchiesta, quella delle violenze su tre detenuti stranieri su cui indaga la procura di Torino.

Ieri invece sono finiti in carcere, o ai domiciliari o comunque sottoposti a diverse misure cautelari, 56 persone delle 89 indagate dalla procura biellese per l’introduzione e la circolazione interna all’istituto di droghe, telefonini, sim e altro ancora. Hashish, marijuana, cocaina, crack, eroina, oppioidi e sostanze anabolizzanti venivano spacciate, secondo l’accusa, talmente liberamente nelle celle e negli spazi comuni da far meritare all’istituto di viale dei Tigli l’appellativo di “Paese dei balocchi”. Dove, secondo alcuni testimoni dell’inchiesta aperta nel 2019, “ci puoi trovare quello che vuoi”.

Ieri sono finite in carcere 33 persone, detenuti ed ex detenuti, agli arresti domiciliari 12 famigliari di ristretti e 3 agenti di polizia penitenziaria, mentre per altri tre poliziotti è stata chiesta la sospensione, da stabilire però in seguito all’interrogatorio di garanzia. L’inchiesta nasce da un illecito di smercio di tabacchi, ma la svolta arriva il 20 dicembre scorso con l’arresto di un poliziotto penitenziario.

Secondo quanto riferito in conferenza stampa dalla procuratrice capo di Biella Teresa Angela Camelio, dal questore Ciccimarra, dai pm Paola Ranieri e Sarah Cacciaguerra, nell’aprile 2021 era stata già effettuata una perquisizione all’interno del carcere ma, avrebbe scoperto poi la Squadra mobile cui è affidata l’indagine, i detenuti dediti allo spaccio di sostanze erano stati avvisati da alcuni poliziotti penitenziari quattro giorni prima, in modo da far sparire ogni traccia. Quel giorno però qualcosa nel muro di omertà - che per una volta univa invece di dividere carcerati e guardie - cominciò a sgretolarsi.

Sempre secondo l’ipotesi accusatoria, ogni settimana entravano nel carcere di Biella 150/200 pastiglie di Subotez, un farmaco utilizzato per trattare la dipendenza da oppioidi, panetti da un chilo di hashish e telefoni cellulari. Nascosti in confezioni di torroncini, tavolette di cioccolato e quant’altro. All’interno della casa circondariale lo spaccio avveniva a prezzi di un certo rilievo: i detenuti potevano pagare anche 1.000-1.500 euro per uno smartphone, 200-500 euro per un microtelefono. Una rete criminale dentro e fuori le mura carcerarie si assicurava poi, con minacce e violenze, il pagamento sicuro. All’interno c’erano anche - è la ricostruzione della procura di Biella - i cosiddetti “cavalli blu”, gli agenti penitenziari coinvolti che percepivano compensi tra i 600 e i 1500 euro ogni volta che un “pacco” con la mercanzia veniva introdotto in carcere.

La Squadra mobile avrebbe raccolto numerose testimonianze sulla complessa dinamica dei traffici, che sarebbero stati addirittura organizzati in “piazze”, a seconda dei piani, dei reparti e delle sezioni. Stupisce però, se così fosse realmente, il contenuto numero di agenti coinvolti nell’inchiesta. Spiega Camelio: “Purtroppo la situazione, che diversi anni fa mi venne presentata da alcuni rappresentanti della polizia penitenziaria nel corso di un colloquio in procura, non solo è immutata, ma è implosa, dando origine a un vero e proprio caos”.

Soprattutto, ha spiegato la procuratrice capo, in questi ultimi anni nel carcere di Biella c’è stato un aumento della tossicodipendenza: “Durante le indagini più volte è sorto l’interrogativo di come fosse possibile che molti detenuti abbiano rischiato l’overdose, ovvero siano stati presi in carico dal Serd successivamente all’accesso in istituto senza che prima fossero soggetti tossicodipendenti”.

La notizia ha colpito il sottosegretario Delmastro: “Se il quadro indiziario sarà confermato saremo assolutamente inflessibili - ha assicurato - È una cosa odiosa e intollerabile che chi indossa la divisa commetta determinati reati. La polizia non può mai confondersi con l’Antistato”. Parole che sarebbe necessario ascoltare anche quando l’accusa è di tortura, o anche solo di violenza sulle persone detenute.