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Il Manifesto, 4 marzo 2023

Storico attivista pro-democrazia e fondatore dell’associazione Viasna, era stato arrestato a luglio 2021 dopo le proteste di massa contro la dittatura. La notizia del Nobel per la pace l’aveva ricevuta in carcere, lo scorso ottobre. Ora, cinque mesi dopo, l’attivista bielorusso Ales Bialiatski ne riceve un’altra: condanna a dieci anni di prigione per “contrabbando di ingenti somme di denaro e finanziamento di attività di gruppi che hanno gravemente violato l’ordine pubblico”.

A monte del premio e della condanna, la stessa motivazione: il lungo attivismo pro-democrazia di Bialiatski, il 60enne fondatore e anima dell’associazione per i diritti umani Viasna (Primavera), nata nel 1996 e impegnata nel sostegno ai prigionieri politici del regime di Lukashenko, stretto alleato di Putin e da molti descritto come l’ultimo dittatore europeo.

Quell’anno, nel 1996, con un emendamento costituzionale - e con l’arresto di massa di chi protestava - Lukashenko aveva sancito il proprio potere a vita. In prigione, l’ultima volta, Bialiatski era finito a luglio 2021, in un periodo particolare: l’anno precedente erano scoppiate proteste enormi contro Lukashenko e la sua contestata vittoria alle elezioni, durate un anno nonostante la brutale repressione. Un anno e mezzo dopo l’arresto è arrivato il Nobel, condiviso insieme alla storica associazione russa Memorial e quella ucraina Centro per le libertà civili.

Aveva fatto infuriare tutti quel premio, Mosca, Kiev e Minsk. Intanto il processo contro Bialiatski è proseguito. Non era solo, alla sbarra anche il vice presidente di Viasna, Valiantsin Stefanovich, e Uladzimir Labkovich, avvocato dell’associazione. Il primo è stato condannato ieri a nove anni, il secondo a sette. Verdetto “crudele”, ha detto la moglie di Bialiatski, Natalya Pinchuk. Di tortura parla Viasna raccontando le condizioni di prigionia: “Sono confinati da mesi in un edificio del XIX secolo, celle buie senza aria fresca, con poco cibo e quasi nessuna cura”. Anche la Ue condanna: “Processi farsa”, dice il capo degli affari esteri Josep Borrell.