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di Claudio Bottan

vocididentro.it, 1 aprile 2024

Cristian ha 15 anni e sta concludendo un percorso di messa alla prova nell’ambito della Giustizia minorile. Simona ed io l’abbiamo ‘adottato’ ormai un anno fa, quando era tra il pubblico con gli educatori della comunità che lo ospita in occasione di uno dei tanti incontri in Sicilia e ha chiesto di parlarci. È nata un’amicizia fatta di lunghe chiacchierate al telefono: un appuntamento fisso ogni lunedì sera in cui si parla di scuola, cucina, regole di convivenza e aspirazioni. E a piccole dosi talvolta ci spingiamo oltre parlando anche di affetti, paure e sogni. Ha imparato a mettere le mani in pasta e da grande vorrebbe imbarcarsi sulle navi da crociera a sfornare pizze “come solo io so fare”.

Una bella amicizia che si è ulteriormente rafforzata durante la nostra recente permanenza a Palermo: grazie all’approccio costruttivo degli educatori Cristian ha potuto soggiornare in albergo con noi. Ci è stato ‘affidato’ per aiutarmi a gestire i bisogni di Simona, che non si limitano più al solo spingere la carrozzina, bensì ad imboccarla, pettinarla, grattarle il naso all’occorrenza, o reggerle il microfono durante gli incontri nelle scuole ai quali ci ha accompagnato. “Perché non racconti la tua storia agli studenti? -, gli ha chiesto Simona mentre facevamo colazione. Sarebbe una testimonianza importante per far capire che non si può scegliere dove si nasce, ma si può decidere quale strada prendere per costruire il proprio futuro”. “Io parlo solo in siciliano, ma se mi aiutate lo faccio. Racconto anch’io la mia storia come fate voi” -, ha risposto Cristian poco prima di salire sul palco e affrontare gli sguardi dei suoi coetanei del Regina Margherita. “A sette anni ho iniziato a fumare, per me poteva essere semplicemente tabacco che a volte arrotolavo con la carta velina delle scatole delle scarpe. Ho sempre visto fare così. Poi ho rubato la prima bicicletta e sono iniziati i guai. Non fatelo, studiate e cercate di apprezzare quello che vivete ogni giorno. Il percorso in comunità non è stato facile, ma ho scoperto che un’altra strada esiste e oggi sono orgoglioso del mio percorso.” Accanto a lui ha preso la parola il suo ‘fratello per caso’ Gianantonio: “Ho 23anni e mi chiamano ‘il bello’. “. E ha ragione. La sua è una bellezza fatta di spontaneità senza filtri e abbracci che dispensa gratuitamente, oltre al fatto di aver conquistato il diploma di maturità con il massimo dei voti, ad essere un campione nello sport e sprigionare una contagiosa empatia. La Sindrome di Down rimane un piccolo dettaglio ininfluente, e a Gianantonio brillano gli occhi quando racconta della fidanzata e delle bellissime sorelle che lo adorano (e a volte rompono, ma ti prego di non dirlo...).

Al momento dei saluti Gianantonio ci ha strappato la promessa che ci rivedremo presto, un impegno che non mancheremo. Cristian, invece, nella fretta e per la paura di perdere il treno che l’avrebbe riportato in orario in comunità, ha dimenticato di mettere in borsa il suo uovo di Pasqua: “Pazienza-, da detto a Simona. Regalalo a tua nipote, quella riccia e mora, da parte mia”. Se le emozioni si dovessero pesare, di sicuro al ritorno dal recente viaggio a Palermo avrei dovuto pagare un costoso supplemento bagagli alla solita compagnia di volo low-cost.