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di Emilia Rossi*

L’Unità, 2 dicembre 2023

Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento tenuto ieri al Senato, in occasione del saluto del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, da Emilia Rossi, membro del Collegio uscente insieme a Daniela de Robert e al Presidente Mauro Palma. “Bisogna aver visto” diceva Calamandrei. Il Garante ha aperto luoghi chiusi, li ha resi visibili.

È difficile riassumere l’esperienza straordinaria - nel senso letterale del termine - ed esaltante che è stata quella di dar vita a una Istituzione dello Stato, tanto più di garanzia: terza e indipendente, per natura, da ogni luogo di potere e da ogni forma di appartenenza che possa minare la sua autonomia, nell’istituzione e nelle persone che la rappresentano. Ho pensato di farlo individuando i tre punti che hanno fatto la differenza nel nostro sistema istituzionale con l’azione del Garante nazionale: il controllo, lo sguardo, il diritto.

Il controllo - Con il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale si è introdotta nel nostro ordinamento un’Autorità pubblica che esercita il controllo sullo Stato nell’esercizio del suo potere restrittivo, nelle diverse forme che determinano la condizione di privazione della libertà personale. Sono convinta che questa sia una conquista di civiltà per uno Stato di diritto, oltre che per una democrazia, non comune a tutte le democrazie: lo Stato si fa permeabile in una delle sue sedi più oscure e più forti, quella in cui dispone della libertà e della vita delle persone.

Il Garante nazionale è nato per vigilare su queste sedi e sul rispetto dei diritti derivanti dal primo articolo della Costituzione con cui si apre il Titolo sui ‘Rapporti civili’, il primo della prima parte della Carta: un ordine di priorità che parla da solo e dice molto dei valori stabiliti dai Costituenti per configurare l’assetto dei rapporti sociali. Quell’articolo 13 che al suo primo comma sancisce che la libertà individuale è inviolabile e al terzo comma punisce - e non lo fa in nessun’altra norma della Costituzione - “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni della libertà”.

Questo è un precetto costituzionale che, a mio avviso, chiude ogni polemica sul reato di tortura. Il Garante nazionale è nato, quindi, per controllare e intervenire su un diritto di generale interesse e rilevanza: la legalità dello Stato nel rapporto con le persone che gli sono consegnate in custodia.

Lo sguardo - È uno sguardo particolare, quello del Garante nazionale, diverso da quello di ogni altra Istituzione, perché nasce dall’osservanza di quel “comandamento” espresso da Piero Calamandrei alla Camera dei deputati il 27 ottobre 1948 nella discussione sull’istituzione di una commissione d’inchiesta sullo stato delle carceri, quando Calamandrei diceva ai suoi colleghi parlamentari: “bisogna aver visto”. E quel bisogna aver visto è riportato nella Legge istitutiva del Garante nazionale che come primo compito gli assegna quello di visitare.

Il Garante nazionale prima di ogni cosa visita, quindi, con l’ampiezza dei poteri di legge che gli consentono, anzi gli impongono, di penetrare ovunque, senza autorizzazioni, senza preavviso, a sorpresa. Uno sguardo, dunque, con cui il Garante nazionale ha aperto luoghi chiusi, li ha resi visibili e li ha messi in comunicazione tra loro attraverso un comune canale di comunicazione: la privazione della libertà e il rispetto dei diritti delle persone a qualunque situazione di privazione della libertà siano soggetti. Questo è il canale di comunicazione che ha tenuto e tiene insieme carceri, centri per il trattenimento delle persone migranti, ospedali, servizi psichiatrici di diagnosi e cura, Rsa e camere di sicurezza delle Forze di Polizia.

Uno sguardo, quello del Garante, di sistema e mai orientato verso una parte se non da quella della Costituzione e della necessaria riconducibilità all’assetto costituzionale delle regole, delle discipline e delle modalità di privazione della libertà personale nel nostro Paese. Questo ha fatto l’autorevolezza di questa Istituzione, la sua capacità di intrusione e di intervento. Il diritto. Prima del Garante nazionale mancavano in Italia linee guida, standard, sulle condizioni di privazione della libertà.

Il Garante nazionale ha creato un corpo normativo, con l’elaborazione delle Raccomandazioni che venivano dalle attività di visita: un corpo normativo di soft law che è andato ad aggiungersi con l’autorevolezza della sua fonte e dell’aderenza alle Direttive internazionali, al corpo normativo ordinario e primario. La rilevanza di questa produzione di diritto ha trovato segno nel fatto che le più alte corti, nazionale e sovranazionale, la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno fondato le motivazioni di loro pronunce sulle Raccomandazioni e sui Rapporti del Garante nazionale. [...]

Questi sono gli approdi che questo Collegio ha raggiunto, passo dopo passo, nell’intenso lavoro di questi sette anni e più, dando vita a un nuovo assetto istituzionale e ordinamentale che fa onore alla civiltà del nostro Paese. [..]

Ci rincontreremo da altre parti in altri luoghi, perché la difesa dei diritti, una volta che uno la contrae, è una malattia inguaribile. E noi non abbiamo intenzione di guarire.

*Membro del Collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale