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di Andreina Baccaro

Corriere di Bologna, 23 marzo 2024

L’altro giorno una 55enne si è uccisa inalando gas nella cella. “Abbiamo potuto constatare le condizioni non dignitose in cui si trovano a vivere oltre 850 detenuti, su una capienza regolamentare di 500 posti, condizioni che spesso coinvolgono soggetti affetti da patologie psichiatriche e tossicodipendenti. Centinaia di esseri umani senza speranza di una vita migliore né dentro né fuori dal carcere”. Esordisce così la lettera appello che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati bolognesi, a firma del suo presidente Flavio Peccenini, invia al ministro della Giustizia, ai vertici degli uffici giudiziari bolognesi, a sindaco e governatore, il giorno dopo il suicidio alla Dozza di una donna di 55 anni.

“La ventiseiesima morte in carcere dall’inizio dell’anno” è avvenuta a pochi giorni da una visita dell’organo rapprequello sentativo degli avvocati: detenuti e personale della polizia penitenziaria, scrivono, “vivono in condizioni non degne di un paese civile, dove il principio di rieducazione della pena, voluto dai nostri costituenti quale fine ultimo della stessa, è niente più che un miraggio”. Perciò “di fronte all’incapacità dello Stato di assicurare luoghi e dotazioni adeguate al rispetto dei principi costituzionali e alla dignità dei detenuti e del personale parole come “amnistia e indulto” non possono più essere considerate eretiche”. Gli avvocati si rivolgono anche al sindaco Matteo Lepore perché “sappia che nella nostra città c’è un luogo dove le vite valgono molto meno di altri luoghi della stessa città”, chiedendo alla magistratura che “vada in carcere, veda che abbiamo visto noi”.

Anche la Cgil e la Fp Cgil di Bologna lanciano “un appello a città e istituzioni affinché si apra una discussione urgente, chiamando il governo alla necessaria assunzione di responsabilità”. Il garante dei detenuti del Comune Antonio Iannello ricorda in una nota che pochi giorni prima era morta un’altra giovane donna alla Dozza seppur per una grave malattia e osserva: “Questi eventi tragici hanno avuto un grave impatto sulla locale comunità penitenziaria, a cui va prestata doverosa attenzione, fornendo quanto necessario in termini di supporto e sostegno per la rielaborazione emotiva”.