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di Matteo Pignagnoli

cantierebologna.com, 6 novembre 2023

A tre anni dalle rivolte nelle carceri torna il problema del sovraffollamento in una struttura vecchia e fatiscente. Fino a quattro persone per cella con un drastico abbassamento della qualità della vita dei carcerati. Per il Garante Ianniello, “Preoccupa la mancanza di personale penitenziario e medico”. A rischio le attività educative e lavorative. Sovraffollamento, pochi medici e agenti, ma anche scarse possibilità lavorative per i detenuti. Questa la situazione attuale della Casa Circondariale Rocco D’Amato, nota anche come Dozza. Sono infatti più di 800 i detenuti presenti all’interno della struttura, a fronte di una capienza regolamentare di circa 500.

Una situazione talmente delicata che sul finire di luglio aveva addirittura portato a sospendere l’ingresso di nuovi carcerati per alcuni giorni. Capita così che celle doppie o addirittura singole arrivino a contenere fino a quattro persone, con tutti i disagi igienici e psicologici del caso. Non ci sono ancora segnali di possibili rivolte come quelle del 2020, quando i disordini in cento penitenziari italiani portarono alla morte di 13 detenuti, uno dei quali proprio alla Dozza, ma la situazione è al limite.

Lo conferma Antonio Ianniello, Garante dei detenuti di Bologna: “La stabile condizione di sovraffollamento, oltre a comportare comunque un drastico abbassamento complessivo della qualità della vita all’interno dell’istituto, preoccupa, in particolare, se posta in relazione all’organico dell’area educativa, ma anche con riferimento al personale della Polizia Penitenziaria e alla inadeguata offerta di attività lavorative rispetto alla domanda proveniente dalle persone detenute”. Tutto ciò amplifica anche l’inadeguatezza degli spazi. “La struttura - sottolinea Ianniello - è stata a suo tempo costruita male, secondo vecchie logiche improntate prevalentemente alla custodia. Il profilo architettonico è decisivo, in quanto la congruità degli spazi può consentire la piena attuazione del trattamento”.

A complicare le cose poi si sono interrotti i lavori per la realizzazione del nuovo padiglione, a causa del fallimento della ditta incaricata. Negli ultimi mesi sono stati diversi i problemi segnalati, come il grande caldo dei mesi estivi o la mancanza di acqua in alcune sezioni, che vanno a inficiare nettamente sulle condizioni detentive e lavorative dei detenuti. La situazione migliora nel reparto femminile, in cui sono presenti una settantina di detenute, dove gli spazi e le celle risultano più curate e vivibili rispetto a quelle presenti nei reparti maschili. A lamentarsi delle condizioni sono anche gli agenti della penitenziaria tramite la Uil, che lo scorso agosto hanno lamentato la presenza di topi e scarafaggi all’interno della caserma agenti.

Il sovraffollamento influenza ogni aspetto della vita carceraria, compreso quello legato alle attività lavorative. Tra di esse l’officina di Marchesini, Coesia e Ima, che permette ai detenuti di iniziare un percorso che porta fino all’assunzione in azienda. Alla Dozza però lavora in media solo un detenuto su quattro, di cui pochissimi (poco più di una decina) sotto datori esterni, come evidenzia anche l’ultimo report dell’associazione Antigone. Un problema serio visto che avere opportunità lavorative riduce nettamente le possibilità di ritorno al crimine dei detenuti: dall’80% al 15-20% per chi ha l’occasione di costruirsi una nuova vita.

Nonostante le tante richieste da parte dei detenuti, restano però poche le possibilità a disposizione, soprattutto per le donne, le cui attività finiscono spesso per ricalcare gli stereotipi di genere. Gli stranieri, che rappresentano il 55% della popolazione carceraria, soffrono della mancanza di una rete sociale di riferimento al di fuori del carcere, che ne inficia le possibilità di accedere a percorsi lavorativi e didattici esterni.

Grave anche la carenza di personale sia penitenziario che educativo o medico: lo scorso anno c’erano solo un medico dipendente, due dottoresse a contratto per 36 ore settimanali e altre 2 a contratto per 24 ore, mentre notti e weekend vengono coperti solo dagli specializzandi. Numeri insufficienti anche per gli agenti della penitenziaria, che nel 2022 erano 430, su un organico di 540, e con un forte ricambio di personale legato alle richieste di trasferimento degli agenti. Anche se un piccolo rinforzo è giunto in estate con i dieci arrivi annunciati dal sottosegretario alla giustizia Dalmastro.

Se gli agenti sono pochi e i detenuti tanti i pericoli crescono. L’ultimo episodio è di metà ottobre: l’aggressione a due agenti penitenziari da parte di un paziente con problemi psichiatrici. Un problema talmente presente, quello della malattia mentale, che alla Dozza ha portato all’adozione del protocollo “Insonnia” sull’uso di sedativi o ipnotici, a favore di una somministrazione di farmaci che non generano dipendenza. Il problema della salute mentale ha inoltre spinto ad aggiornare il protocollo di prevenzione del rischio di suicidi, che prevede adesso riunioni settimanali congiunte tra l’area sanitaria e la direzione. E a rendere davvero complicata la convivenza dietro le sbarre c’è poi la dipendenza da alcool e droghe pesanti, che secondo Antigone colpisce il 38% dei detenuti, con oltre 240 casi nel 2022.

Una situazione complessa, come si vede, dove una qualunque scintilla potrebbe provocare un’esplosione. Era successo tre anni fa con il Covid, è accaduto al Pratello lo scorso anno. Potrebbe accadere di nuovo se le autorità non ascolteranno l’allarme del Garante.