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di Fulvio Fulvi

Avvenire, 7 maggio 2023

Allestito un ufficio all’interno dell’istituto della Dozza. Quattro detenuti della Casa circondariale di Dozza, a Bologna, sono stati assunti come operatori del call center delle Acli. Dal 28 aprile scorso lavorano in un ufficio allestito in una stanza del carcere rispondendo alle circa 700 telefonate quotidiane di utenti che chiedono un appuntamento con i centri di assistenza fiscale del patronato delle province di Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e Mantova.

Si tratta di un’iniziativa unica nel suo genere in Italia, gestita direttamente dall’associazione (e non attraverso cooperative esterne) e finalizzata al reinserimento sociale dei reclusi. Con l’ausilio di quattro computer collegati esclusivamente alla piattaforma delle Acli e di altrettanti telefoni (solo riceventi) gli operatori, detenuti italiani che devono scontare pene di otto-nove anni per gravi reati (il più giovane di loro ha 23 anni, due sono 55enni con esperienza professionale e l’altro ha 43 anni) hanno il compito di fissare la data dell’appuntamento in una delle sedi del Caf e fornire tutte le informazioni sui documenti necessari alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi. I contratti di lavoro sono a termine, uno a tempo pieno e gli altri part-time e scadranno a fine settembre salvo proroghe, lo stipendio medio netto è di 1.200 euro al mese.

“I rapporti di lavoro, applicati nel rispetto del regolamento carcerario, dureranno per tutta la campagna fiscale delle Acli - precisa Simone Zucca, direttore del Caf Acli - ma la nostra speranza è di trasformarli a tempo indeterminato e allargare il numero degli assunti fino a otto”. Il penitenziario bolognese ospita attualmente circa 750 detenuti e diverse attività finalizzate al reinserimento sociale come laboratori di teatro, musica e scrittura. La selezione dei candidati per il progetto delle Acli e la loro formazione professionale sono avvenuti in stretta collaborazione con la direttrice dell’istituto, Rosa Alba Casella, mentre l’investimento destinato alla tecnologia e alla predisposizione dell’ufficio (collegamenti Internet, cablaggi, mobilia e attrezzature) è stato di circa 20mila euro.

“L’idea di creare un ufficio all’interno della Casa circondariale è nata quando, pensando di far fare uno stage nella nostra sede a un detenuto in semilibertà - spiega Zucca - abbiamo appreso invece della disponibilità della direzione ad ospitare un centralino telefonico per svolgere lo stesso servizio in un locale dedicato, così abbiamo cambiato il progetto, tenendo anche conto delle agevolazioni contributive in favore dei datori di lavoro previste dalla “legge Smuraglia” (la n. 193 del 2000) che promuove le opportunità di impiego qualificato dei detenuti all’interno degli istituti di pena”.

“È un’iniziativa molto importante - ha affermato il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che ha inaugurato l’ufficio delle Acli alla Dozza - perché riconsegna al carcere la sua funzione rieducativa, inoltre il lavoro è lavoro vero se restituisce dignità alla persona. Meno del 5% di chi vive in questo istituto - ha detto il cardinale - ha un’occupazione ed è davvero un numero troppo basso. Bisogna fare di più”.

Un impegno che le Acli cercheranno di mantenere nei prossimi mesi. “Questo progetto lavorativo si inserisce in un rapporto di collaborazione ormai consolidato tra il carcere di Bologna e l’Unione Sportiva Acli locale” ha affermato il dirigente dell’Unione Sportiva dell’Associazione cristiana lavoratori, Filippo Diaco. “Infatti, da qualche anno promuoviamo attività sportive e di mediazione interculturale all’interno della casa circondariale.

Siamo partiti con il rugby - spiega Diaco - e ora, in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano di Bologna, cominceremo gli allenamenti di calcio per far nascere una squadra e il corso arbitri. Crediamo molto, infatti, nel valore educativo dello sport, inteso come strumento di inclusione sociale e promozione del benessere psicofisico, aspetti fondamentali in carcere. E per i nostri lavoratori sarà una sorta di welfare aziendale”.