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di Vito Totire*

labottegadelbarbieri.org, 2 ottobre 2022

Apprendiamo la terribile notizia di un “suicidio” a Casalecchio avvenuto il 28 settembre. Conosciamo molti particolari del triste evento che ci sono stati riferiti da amiche della persona che ha compiuto quello che la letteratura definisce “insano gesto”.

In verità insano è il contesto e insani sono i determinanti sociali. In tutta Italia la politica di prevenzione del suicidio è a zero; ogni tanto un convegno, qualche pubblicazione scientifica, in generale chiacchiere e pure poche.

Abbiamo visto una campagna elettorale in cui la parola carcere quasi mai è stata pronunciata … oppure per aumentare il peso del carcere nel nostro Paese. La persona di Casalecchio di Reno (evitiamo di dire il nome e diversi altri particolari che abbiamo appreso) era agli arresti domiciliari e gravata del ruolo di caregiver nei confronti di un parente di primo grado che, da quanto possiamo sapere, oggi rimane ancora più solo. Ci viene riferito di una sua ricerca di lavoro; ricerca difficile evidentemente da far coincidere con i carichi familiari ma evidente segno di una condizione di grave bisogno economico.

Il gesto era prevedibile? Era prevenibile? Dalle poche informazioni che abbiamo ricevuto a noi pare che si potrebbe rispondere positivamente a fronte di segnali evidenti di vulnerabilità. Ma chi poteva o doveva coglierli? Qui è il buco nero della prevenzione del suicidio in Italia (e nel mondo): l’esperienza di come si potrebbe realizzare una rete di prevenzione dalla quale non ci si può attendere miracoli o l’azzeramento totale delle condotte suicidarie ma ci si può aspettare una concreta riduzione degli eventi.

Una rete che oggi non esiste e nella quale dovrebbero entrare in sinergia: servizi sociosanitari, sistema educativo (per i giovani), medico di base, volontariato, vicinato e infine i famosi “Consigli di Aiuto Sociale” previsti dalla legge di riforma penitenziaria del 1975 e mai costituiti in Italia con l’eccezione del tribunale di Palermo. Si tratta di una struttura che deve occuparsi del reinserimento socio-lavorativo delle persone che transitano dalle carceri verso la libertà. Esiste questo consiglio a Bologna? A noi risulta di no.

Non vogliamo usare l’occasione per accusare altri. Siamo tutti responsabili del cosiddetto “insano gesto” visto che, ancora una volta nessuno è riuscito ad arrivare il giorno prima.

Cresce dunque l’orribile sequenza di morti correlati al funzionamento del sistema giudiziario-carcerario (i freddi dati sui suicidi in crescita dal 2021 al 2022 sono noti a tutti anche grazie a Radio carcere, che trasmette martedì-giovedì dalle 21 su Radio radicale. Fino a quando? Speriamo che il sentimento di lutto non induca solo sconforto e disperazione ma possa trasformarsi in lotta per il cambiamento e per una società più giusta.

Che il comune di Casalecchio proclami una giornata di lutto cittadino e in quella giornata fermiamoci a pensare. Per ora abbiamo fallito tutti.

*Psichiatra e portavoce della “Rete Europea per l’Ecologia Sociale”