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di Laura Fasani

Giornale di Brescia, 15 novembre 2023

In uno dei luoghi più inospitali e criticati di Brescia, il carcere di Canton Mombello, da qualche mese il cielo è stato portato in una stanza. Quasi letteralmente: sulle pareti ridipinte di azzurro campeggiano nuvole sorridenti, mongolfiere, pupazzi volanti e un tracciato per il gioco dell’oca tra casette colorate. Sono i nuovi disegni realizzati sulle quattro mura dello Spazio Giallo, la stanza che accoglie le famiglie in attesa di colloquio con i detenuti. Da qui negli ultimi due anni sono passati tra gli ottanta e i cento bambini dagli zero ai dodici anni, secondo le stime dell’associazione Carcere e Territorio. Un luogo fino a poco tempo fa asettico e inadeguato per i bimbi, che nei mesi scorsi è però stato completamente trasformato dagli studenti del liceo Leonardo e da due detenuti grazie al progetto “Accogliamo” insieme a Carcere e Territorio.

Il progetto - La collaborazione si è conclusa prima dell’estate ma il risultato continua a essere “uno spiraglio di luce in un contesto come questo” dice Laura Salata, pedagogista che opera all’interno dello Spazio Giallo per Carcere e Territorio. Il “contesto” è uno dei carceri peggiori d’Italia per sovraffollamento, struttura e carenza di personale, per il quale ha chiesto una soluzione anche la magistratura. È qui che, tra febbraio e maggio di quest’anno, gli studenti della ex 5ª I del liceo artistico Leonardo hanno progettato e poi reso realtà insieme a due uomini detenuti una nuova idea di spazio per l’accoglienza di parenti ma soprattutto figli piccoli. “Volevamo riuscire a dilatare il luogo attraverso immagini legate al volo - spiega Mirko Bedussi, il docente che ha seguito il progetto -. I ragazzi hanno quindi coperto di azzurro le pareti, che erano dello stesso colore della facciata di Canton Mombello, e dopo una selezione di proposte le hanno ridipinte con alberi, mongolfiere, aeroplani usando una pittura su cui i bambini possono disegnare e poi cancellare”. E così, per diverse settimane, alunni e detenuti hanno tinteggiato fianco a fianco, sotto la supervisione di un agente penitenziario.

Padri e figli - Se per gli studenti è stata un’occasione per riflettere sulla vita dentro il carcere e scoprire che una persona detenuta non si identifica solamente con il reato che ha commesso, chi dentro al carcere vive ha potuto per qualche settimana diventare “parte di un piccolo mondo fantastico così lontano dalla realtà del carcere”. Le parole sono di Paolo, uno dei due detenuti che ha collaborato al progetto. Scrive in una lettera affidata all’associazione: “La serenità dei nostri figli si riflette direttamente sulla serenità di noi genitori detenuti, allevia l’angoscia della lontananza fisica. Un ambiente sereno ha un impatto meno traumatico sui bambini che, loro malgrado, si trovano a subire situazioni difficili nel rapporto con i loro genitori”.

Sostenere la genitorialità in carcere e aiutare i bambini ad affrontare le proprie emozione sono gli obiettivi per cui nel 2022 è stato avviato il progetto Spazio Giallo da Carcere e Territorio su un’idea dell’Associazione Bambini senza sbarre. L’obiettivo è offrire un luogo che faciliti lo sviluppo delle relazioni familiari e in particolare aiuti il bambino ad accogliere il padre nel colloquio. “L’attesa del colloquio con il padre è devastante per i bambini - spiega Lucia De Ferrari, vicepresidente di Carcere e Territorio -. Possono aspettare anche un’ora e mezza e poi devono fare i conti con emozioni violente, traumatiche. Lo Spazio nasce per aiutarli a decongestionare e favorire un dialogo con l’esterno di chi vive in carcere in ottica rieducativa”.

Se ne occupa operativamente Salata insieme alla criminologa Sara Tomasoni. Lavorano ogni settimana sulle relazioni familiari dei detenuti attraverso colloqui individuali e confronti di gruppo (con 56 partecipanti), aiutandoli a conservare il proprio ruolo di padre anche dietro le sbarre. “Nello Spazio Giallo si fermano tutti prima dell’incontro: figli, genitori, fratelli o sorelle, partner - dice Salata -. Ai bambini capita di assistere anche a liti o scenate pesanti. Parlo di bambini soprattutto perché gli adolescenti si vedono raramente: si vergognano perché lo stigma del carcere è forte. Per i piccoli è fondamentale che prima e dopo l’incontro con i loro papà riescano a vivere uno spazio di accoglienza più curato e poi l’incontro con loro sia il più possibile protetto e basato su un dialogo aperto. Noi cerchiamo di accompagnarli”. Certo poi, “non facciamo magie - puntualizza la pedagogista -. A Canton Mombello servono più spazi, più psicologi e più servizi”. In attesa di quelli, si cerca di salvare quello che può essere salvato.