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di Nicole Orlando

Corriere della Sera, 6 agosto 2024

I sindacati: “Basta false promesse, servono i fatti” per dichiarare finalmente chiusa l’era di un carcere che non tutela i diritti né chi deve scontare una pena né di chi ci lavora. Fare rumore, non solo metaforicamente, per mantenere alta l’attenzione sulle condizioni in cui versa uno delle carceri più sovraffollati d’Italia. I detenuti di Canton Mombello hanno organizzato per due giovedì, l’8 e il 15 agosto alle 12, una protesta rumorosa, al suono di pentole e stoviglie battute su porte e inferriate. La “battitura”, come viene tradizionalmente chiamata, è accolta con qualche preoccupazione: “Spero non degeneri in altro perché queste situazioni sono sempre pericolose”, commenta la garante dei detenuti Luisa Ravagnani.

Per Antonio Fellone, segretario generale aggiunto del Sinappe, il sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria, “i politici che fino a ieri disconoscevano il mondo del carcere rischiano ora di mettere a repentaglio la sicurezza negli istituti penitenziari aizzando la popolazione carceraria, come già sta accadendo in molti carceri d’Italia”. Da qui l’invito a “evitare allarmismi e false illusioni e cercare di parlare con i fatti anziché gettare benzina sul fuoco”. Secondo Fellone “per dare risposte non serve urlare promesse impossibili perché si rischia solo di creare allarmismo e aspettative che possono portare poi a situazioni pericolose”.

Calogero Lo Presti, coordinatore della Fp Cgil Polizia penitenziaria, sottolinea “il senso di responsabilità dei detenuti che hanno avvisato la direzione della protesta che speriamo rimanga pacifica” e invita le istituzioni coinvolte “a dare risposte coerenti, perché sul destino del carcere ognuno dice cose diverse”.

Intanto l’attenzione, anche in vista delle annunciate proteste, “è come sempre massima. Tutti gli operatori cercano di fare la propria parte per garantire diritti ai detenuti e mantenere ordine e sicurezza pur in condizioni difficili e con forze sottodimensionate”, sottolinea Fellone. Perché la situazione tra le mura del carcere cittadino è - non da oggi - insostenibile. Dopo mezzo secolo di denunce, promesse e polemiche il cerchio sembra stringersi ancora una volta: quel carcere, è la convinzione espressa da più parti, va chiuso. Ne sono convinti gli operatori che lì lavorano, ne è convinta la sindaca Laura Castelletti, recentemente tornata sulla questione. E ne è convinta la garante nazionale dei detenuti Irma Conti, che pochi giorni fa ha visitato la struttura descrivendola come “davvero fatiscente. Sono entrata in una cella dove ci sono quindici persone e un bagno, nel quale si cucina”, ha raccontato ai cronisti.

Ora l’impegno delle istituzioni è rivolto al potenziamento del personale di polizia penitenziaria ma soprattutto allo sblocco del cantiere di Verziano, indispensabile per poter dichiarare finalmente conclusa l’epopea di Canton Mombello. Altri miglioramenti potrebbero arrivare con l’alleggerimento delle pratiche di scarcerazione e l’avvio delle misure alternative alla detenzione previsti dal Ddl Nordio, sottolinea ancora Fellone. Intanto chi abita Canton Mombello intende tenere alta l’attenzione, anche con la protesta, su una condizione che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riferendosi alla lettera di uno dei detenuti del carcere bresciano, ha definito “straziante”.