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di Riccardo Celli

ledicoladelsud.it, 4 giugno 2023

Quando si immagina il carcere ed i suoi detenuti si immaginano persone dure e scontrose, il cui unico interesse è delinquere. Eppure da qualche anno a questa parte, a Brindisi, parlando di detenuti si parla anche di abili danzatori, che cercano attraverso l’arte il riscatto, prima personale e poi sociale.

Questo grazie a Vito Alfarano, coreografo e direttore artistico di “AlphaZTL”, compagnia d’arte dinamica che dal 2015 opera anche nel carcere di Brindisi. “Da ormai otto anni - racconta Alfarano - organizziamo un laboratorio di danza all’interno della casa circondariale di Brindisi. Questo in quanto reputiamo l’arte propedeutica al riscatto personale e sociale dell’individuo, in quanto insegna a stare bene con gli altri e con se stessi, non vergognandosi delle proprie emozioni che inevitabilmente danzare scaturisce”.

Non un semplice laboratorio artistico quindi, ma una vera e propria occasione per il detenuto di esprimere i propri sentimenti e di sentirsi importante. “Una volta un detenuto mi disse - ci rivela emozionato - che tutti all’interno del carcere appaiono duri e forti, ma che la notte anche il più “temuto” piange. Tra quelle mura ci si sente soli. Per questo ogni detenuto che fa parte del progetto dà tutto se stesso durante le prove: è uno dei pochi momenti della giornata in cui sente il calore di qualcuno”.

Vito, insieme ai suoi collaboratori, insegna a ballare a chi nella vita ha sbagliato, anche a chi è ormai anziano o mai immaginava di poter danzare. Ciò che i detenuti insegnano a Vito però è molto di più. “Mentirei se dicessi che sono io a dare e loro a ricevere. Il più delle volte è il contrario. Grazie ai loro sguardi e alle loro parole, ho scoperto che l’amore e il bene che può dare un detenuto difficilmente lo può dare chi è libero. Loro pensano - conclude - che sia io a farli diventare persone migliori, ma è assolutamente il contrario”.

A novembre i detenuti che hanno preso parte a questo progetto si esibiranno durante la “Brindisi performing arts”, in quello che sarà uno spettacolo dall’inevitabile sapore di libertà. Alfarano ci tiene a precisa che tra le mura del carcere, gli allievi per lui sono tutti uguali. “Non chiedo mai - spiega - cosa hanno fatto, quali sono i reati per i quali sono detenuti. Non voglio conoscere la loro storia criminale ma solo quella umana. Quali sono le loro emozioni e come la danza può aiutarli a trovare un equilibrio psicofisico”.