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di Giuseppe Salvaggiulo

La Stampa, 6 giugno 2023

“Rimuovendo gli argini dei controlli, il governo consente a mafie e corruzione di sguazzare nel fango dell’illegalità”, dice Federico Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia, oggi deputato del M5S.

Che cosa pensa dell’intervento sulla Corte dei Conti?

“Incomprensibile. Il controllo concomitante era finalizzato a evidenziare eventuali carenze nel funzionamento della macchina amministrativa, tanto più rispetto alla enorme mole di investimenti del Pnrr e a fronte di una legislazione antimafia immutata”.

Con quale logica?

“Non ostacolare l’attuazione del Pnrr; al contrario stimolarla, correggendo gli errori e aumentando l’efficienza”.

I controlli della Corte restano, ma successivi.

“Alla fine, quando questa funzione non ha più senso. L’operazione del governo ha come effetto non di aiutare l’attuazione del Pnrr, ma di indebolire ulteriormente il buon andamento dell’amministrazione pubblica”.

In cosa consiste il buon andamento?

“La velocità è un valore, ma non assoluto e non meno importante di legalità e trasparenza. Indebolire la macchina amministrativa, eliminare i controlli e negare il rispetto delle regole significa agevolare eventuali inquinamenti provenienti da corruzione e mafia”.

Le regole sugli appalti sono adeguate?

“Il codice dei contratti pubblici varato dal governo ha confermato in via generale le norme previste nel 2020 per l’emergenza pandemica: innalzamento delle soglie per affidamenti diretti a 150mila euro e per procedure negoziate a 500mila euro. Regole che riducono la concorrenza e rendono più agevoli le infiltrazioni criminali”.

Esistono anticorpi?

“Comuni privi di adeguate professionalità si ritrovano enormi poteri e responsabilità. Condizionare le piccole stazioni appaltanti, sia per i corruttori che per i mafiosi, è più facile in assenza di meccanismi di selezione delle imprese e di regole protettive. E da oggi, anche senza il controllo della Corte dei Conti”.

Quando è nato il Pnrr, lei era procuratore nazionale antimafia. Si discusse di questi rischi?

“Certo. Si puntò sulla verifica degli appalti attraverso la banca dati del Viminale sui motivi ostativi per contiguità mafiosa dei soggetti economici; sull’aggiornamento dei prefetti con elementi sopravvenuti; sulla totale ristrutturazione della banca dati dell’Autorità Anticorruzione, aggiungendo ai dati sulle aggiudicazioni quelli sulla partecipazione agli appalti”.

Per quale motivo?

“Per individuare, anche a livello nazionale, imprese che sembrano concorrere agli appalti ma in realtà celano partecipazioni fittizie, con l’obiettivo di agevolare assegnazioni predeterminate. I cosiddetti cartelli”.

Questa misura è stata sviluppata?

“Siamo ancora in ritardo. Comuni anche di dimensioni non piccole lamentano di non avere personale per svolgere tutte queste attività”.

Che cosa pensa dell’attacco della destra alla Procura nazionale antimafia, accusata di svolgere un ruolo politico di opposizione?

“È una polemica che non merita commenti. Si tratta di questioni che non mi interessano, perché sviano dai fatti e dalle vere esigenze di legalità e trasparenza, su cui si gioca il destino del Paese”.

La lotta alla mafia, anche in chiave Pnrr, è una priorità?

“Dovrebbe, ma guardando alle scelte del governo pare che lo sia solo per magistratura e forze di polizia. Invece la politica, che più dovrebbe preoccuparsene, la ignora. Il messaggio che manda ai cittadini è che si consente alle mafie di muoversi liberamente. Senza alzare alcun nuovo argine, anzi rimuovendo quelli già esistenti”.

A quali argini si riferisce?

“Zero regole sugli appalti. Meno controlli sulla discrezionalità della pubblica amministrazione. Abolizione o limitazione di reati come abuso di ufficio e traffico illecito di influenze, che la stessa presidente della Commissione europea definisce obblighi irrinunciabili per gli Stati membri. Infine la proclamazione pubblica delle tasse come pizzo di Stato”.

Che c’entrano le tasse?

“Segnalo quanto detto dalla procuratrice europea Laura Codruța Kövesi, facendo il bilancio di un anno di attività. Su 14 miliardi di frodi rilevate sui fondi europei, 6,7 miliardi sono frutto di evasione fiscale, di cui 2,7 miliardi realizzata in Italia. Nessun Paese Ue ha questi numeri. Non sono dicerie. E il governo cosa fa? Esalta l’evasione paragonandola alla ribellione al pizzo mafioso e chiede all’Agenzia delle entrate, che la combatte, di sacrificare nel bilancio 10 milioni di euro”.

C’è un problema tra governo e poteri neutri?

“Mi pare evidente. Se il presidente dell’Anac evidenzia l’esigenza di alcuni correttivi al codice degli appalti, si chiedono le sue dimissioni. Se la Corte dei Conti svolge il compito previsto dalla legge, evidenziando carenze e ritardi nella gestione del Pnrr, si fa un emendamento in corsa perché non se ne occupi più. Si proclama la sacralità della magistratura, ma la si intacca spudoratamente. Insomma sta diventando vietato criticare il governo, mentre si consente a mafie e corruzione di sguazzare nel fango dell’illegalità di Stato”.

Prodi vede segnali di involuzione autoritaria, altri giuristi non concordano.

“Io penso che questi fatti siano inequivocabili. Basta metterli in fila. Ce n’è uno sottovalutato: la giunta per le elezioni intende cambiare retroattivamente le regole elettorali, contravvenendo a quelle codificare dal Viminale, pur di recuperare un seggio per un esponente calabrese. Come dire: chi ha il potere si fa le regole per sé, le cambia e le cancella. Anche a posteriori. Si tocca il cuore della democrazia. Alla faccia del principio di legalità”.