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di Francesca Pesce*

Il Riformista, 24 febbraio 2024

I costi globali della pena detentiva sono smisurati. È impossibile ignorarli. A fronte delle sempre più evidenti criticità della pena detentiva e del sistema carcerario, del suo comprovato effetto criminogeno, della disumanità del sovraffollamento carcerario, del dolorosissimo e macabro quanto angosciante dato del numero di persone che in carcere si suicidano o esprimono agiti autolesivi, è necessario e urgente scardinare la cultura carcero-centrica che ancora intossica il dibattito e quindi l’agenda politico giudiziaria del nostro paese, la società e parte della magistratura.

Non si può ignorare come i costi globali derivanti dalla pena detentiva siano, semplicemente, smisurati. Ed in questo, il fallimento del sistema carcerario, se rapportato ai costi che ne derivano, rassegna una disperante (perché da troppo tempo viviamo in una dimensione di inciviltà) ultima convinzione: è necessario ora più che mai pensare, introdurre e pretendere soluzioni all’insegna dell’efficienza. Sia per una effettiva tutela della dignità della persona quale diritto inviolabile, art. 2 della Costituzione, sia per dare concretezza, nel solco dell’art. 3 della Costituzione, alla “vera” natura rieducativa della pena. Ma anche per meri fini utilitaristici, limitati a motivazioni puramente economiche, se è questo l’unico piano in cui ci si può realmente confrontare a livello politico, se questo è l’unico tema capace di abbattere le resistenze di un popolo disinformato, manipolato e continuamente sollecitato sul tema sicurezza/paura.

Il criterio dell’efficienza è perfettamente coerente con quello che dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni sistema giuridico: la razionale ed efficiente allocazione delle risorse statali per il perseguimento del benessere sociale nel rispetto dei diritti fondamentali e della “nostra” funzione della pena. Le norme penali, fermi restando i valori, i principi e le dottrine sottesi, devono (o almeno dovrebbero) essere valutate anche per la loro capacità di ottenere il massimo risultato possibile (attenuazione e arginamento di fenomeni criminali e dei costi che ne derivano) al minor costo umano, sociale ed economico possibile. Supponendo che l’obiettivo del benessere e della salubrità sociale sia condiviso e da tutti auspicato, non vi sarebbe necessità di ulteriori prove per essere certi che l’investimento in grado di ottenere i migliori risultati al minor costo globalmente inteso sia quello nelle misure alternative al carcere.

Ma il tema è ancora drammaticamente attuale e divisivo. Perciò ritengo importante condividere i risultati di una applicazione pratica dei principi e dei modelli dell’analisi economica del diritto penale finalizzata a valutare il livello di efficienza delle opzioni normative per il contrasto ai fenomeni della tossicodipendenza e della criminalità correlata nella Provincia Autonoma di Trento. L’obiettivo della ricerca svolta era raccogliere, elaborare e interpretare in modo scientifico dati oggettivi dei soggetti condannati in via definitiva e con diagnosi di tossicodipendenza, per comprendere quali fossero le differenze tra la misura alternativa ex art. 94 D.p.r. 309/90 e la detenzione, in termini di tasso di recidiva tossicomanica, periodo medio drug free, tasso di recidiva criminale e costi nella prospettiva del payer pubblico.

Il dato prettamente economico ha evidenziato come un giorno di detenzione costi esattamente il doppio di un giorno di affidamento in prova in comunità. Il tasso di recidiva tossicomanica in seguito alla detenzione è più alto rispetto a quello riscontrato successivamente all’affidamento in prova presso le Comunità Terapeutiche: l’87% post detenzione contro il 74% post misura alternativa. Le ricadute criminali successive alla detenzione o alla misura alternativa sono nettamente a favore di queste ultime: nel territorio analizzato le persone sottoposte a misura alternativa hanno commesso un ulteriore reato nel solo 19% dei casi, contro il 70% delle persone che hanno scontato la pena detentiva. Uno dei dati più rilevanti è indubbiamente quello che riguarda la tenuta media del periodo drug free post misura alternativa e post detenzione, periodo in cui il soggetto non rappresenta un pericolo per se stesso (costo sanitario) e per gli altri (costo sociale, costo giudiziario ecc.).

Sebbene la durata media del periodo drug free post scarcerazione e post misura alternativa sia di fatto quasi identica in termini di valori numerici, questo risultato è ottenuto con ben 826 giorni di detenzione a 150 euro al giorno contro soli 410 giorni di affidamento in Comunità terapeutica a 75 euro al giorno. La misura alternativa ottiene lo stesso risultato nella metà del tempo e a un quarto dei costi rispetto al carcere. È indubitabilmente l’opzione in cui è efficiente investire.

*Avvocato, Università di Trento