sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Eleonora Martini

Il Manifesto, 6 ottobre 2023

Il Tar del Lazio sospende il decreto. Accolto il ricorso delle imprese contro il divieto di vendere prodotti con Cbd a uso orale. Non ha alcuna base scientifica, la decisione presa autonomamente dal governo - in pieno ferragosto - di inserire la cosiddetta cannabis light nella tabella degli stupefacenti. Per questo, e “al fine di evitare danni gravi e irreparabili all’intero comparto”, il Tar del Lazio ieri ha sospeso fino al 24 ottobre, in attesa dell’udienza di merito, il decreto con cui il ministero della salute aveva vietato dal 20 settembre la vendita delle “composizioni per uso orale a base di cannabidiolo estratti dalla cannabis”, quelli per intenderci che contengono solo Cbd e non il principio attivo psicotropo Thc. I giudici amministrativi hanno accolto così il ricorso dell’Ici-Imprenditori canapa Italia presentato il 3 ottobre, dopo i primi sequestri di prodotti e le chiusure imposte ad alcuni degli oltre 1500 negozi italiani, un settore che fattura ogni anno più di 150 milioni di euro.

Secondo il ministro Schillaci, olii, tisane e biscotti a base di Cbd - prodotti dall’effetto psicotropo al pari del tè - avrebbero dovuto essere acquistati solo in farmacia e con ricetta medica. Paradossalmente però le infiorescenze e il polline di marijuana non contenente tetraidrocannabinolo (prodotti da inalazione) potevano continuare ad essere venduti. L’Ici, assistita dallo studio legale Prestige Legal & Advisory, ha denunciato al Tar l’”illegittimità” del decreto ministeriale che ha inserito i composti ad uso orale a base di Cbd nella tabella dei medicinali “senza la previa adozione del parere del Consiglio Superiore di Sanità, richiesto dalla vigente normativa”. E “la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope”, atto “che si pone in contrasto con la giurisprudenza comunitaria, che ha escluso che il Cbd possa costituire uno stupefacente ai sensi del diritto europeo e con le posizioni assunte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità”.

È la seconda volta, quest’anno, che le associazioni di filiera della canapa vincono un ricorso davanti al Tar del Lazio contro leggi antiscientifiche, come il decreto del gennaio 2022 che limitava l’utilizzo della pianta a soli semi e fibre, “in contrasto con la normativa internazionale, comunitaria e nazionale di riferimento”.

E anche questa volta, come spiega Marco Perduca dell’Associazione Coscioni, la decisione del Tar, “sperando che la sospensione venga confermata”, “ristabilisce il rispetto di posizioni consolidate negli ultimi 50 anni anche grazie a un’ampia letteratura scientifica”. Leonardo Fiorentini, di Forum Droghe, si augura che il governo Meloni “accolga ora le evidenze scientifiche e accetti il quadro giuridico europeo”. “Interrompendo - come sottolineato i Radicali italiani - una stupida guerra alla cannabis” e senza indugiare in ulteriori concessioni “alle corporazioni che tengono in pugno questo governo, siano esse i tassisti, i balneari o, come in questo caso, le aziende farmaceutiche e i tabaccai”.

Da destra per ora nessun commento, se non il minimo sindacale di un Riccardo De Corato, membro meloniano della commissione Affari Costituzionali della Camera, che parla di “sentenza inaccettabile” contro la santissima “lotta agli stupefacenti che minano la salute, soprattutto dei nostri giovani”. “Succede quando gli atti normativi sono frutto di furie ideologiche e non ponderati sulla base dei dati di realtà”, evidenzia Laura Zanella di Avs. Ma in fondo è solo un’altra prova che, come dice Riccardo Magi di + Europa, “erano pronti, sì, ma a confezionare figuracce”.