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di Fulvio Fulvi

Avvenire, 23 marzo 2023

Sarebbe l’undicesimo suicidio in carcere dall’inizio dell’anno. Sembrava essersi fermato il tragico vortice della morte che ha portato nel 2022 al record di 84 detenuti che si sono tolti la vita in cella. Ma l’altra notte nella Casa circondariale di Torino un recluso di 26 anni, italiano, si è inalato il gas di una bomboletta usata per alimentare un fornello rimanendo asfissiato.

“Non è ancora chiaro, comunque, se si tratti delle conseguenze di uno sballo finito male oppure di un suicidio” afferma il segretario regionale piemontese del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) il quale sottolinea come un detenuto su tre, nei 192 istituti penali italiani, abbia problemi di tossicodipendenza. Resta il fatto che questi dispositivi rappresentano un pericolo anche per chi deve vigilare all’interno dei penitenziari. Delle piccole bombe che potrebbero esplodere da un momento all’altro.

“Si dotino le carceri di piastre elettriche per riscaldare il cibo dei detenuti” chiede il segretario generale del Sappe, Donato Capece, il quale rimarca ancora una volta che “le criticità operative del personale di polizia” dipendono dalla carenza di addetti specializzato che rende difficile la gestione delle situazioni più a rischio, come quelle dei reclusi con problemi psichici e di droga Intanto, ieri nel carcere di Viterbo, un agente è stato aggredito da un detenuto che lo avrebbe colpito al volto con un pugno mandandolo al pronto soccorso.

Alla base del gesto ci sarebbe il ritardato cambio di una tv mal funzionante. Soltanto due giorni i fa i sindacati di categoria erano scesi in piazza, in città, per chiedere maggiori tutele e denunciare la carenza di personale.

E Maurizio Orlandi della Cisl aveva denunciato “la gravissima carenza di personale che da molto tempo affligge l’organizzazione del lavoro” e “i continui eventi critici a danno degli operatori da parte della popolazione detenuta ormai diventate una consuetudine, detenuti psichiatrici presenti nella struttura”.

I casi di Torino e Viterbo sono avvenuti proprio a ridosso del 206° anniversario della fondazione del Corpo di polizia penitenziaria che “per troppo tempo è stato dimenticato e lasciato al suo destino” ma “il ministero della Giustizia, il governo e il parlamento hanno, in questi mesi, invertito questo processo, fornendo sostegno e risorse in termini assai significativi” ha detto durante la festa che si è tenuta sulla terrazza del Pincio, a Roma, il capo del Dap Giovanni Russo.

Il riferimento è alla politica di assunzioni in corso per colmare il forte divario tra i 36mila agenti in servizio e i quasi 42mila posti previsti in organico. Il bando di assunzioni è stato già varato. A scaldare il cuore dei poliziotti penitenziari è stato il messaggio del Capo dello stato, Sergio Mattarella. “Le donne e gli uomini del Corpo si trovano ad affrontare situazioni complesse, in un contesto di sofferenza e, spesso, di tensione, la professionalità, lo spirito di servizio e la dedizione con le quali operano, nelle criticità del sistema carcerario, li vedono contribuire in modo significativo alle finalità definite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato” ha scritto il presidente.

Nell’occasione è intervenuto il ministro Guardasigilli, Carlo Nordio che ha proposto di “mettere a reddito le carceri più antiche che si trovano nei centri storici delle città, sul modello di Regina Coeli a Roma, per ricavarne i fondi con cui finanziare la costruzione di nuovi penitenziari più funzionali o per ristrutturare quelli esistenti”.