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di Valentino Maimone

La Ragione, 30 settembre 2023

Se avete presente di cosa si parla quando si parla di 41 bis - il “carcere duro” per mafiosi e terroristi, dovete moltiplicarlo per un bel po’ di volte prima di ottenere l’equivalente del regime speciale che veniva applicato a certi detenuti negli anni Ottanta. Isolamento totale e assoluto, tanto per cominciare. E poi soltanto sessanta minuti d’aria nelle 24 ore. Un inferno così si gestiva “al bisogno”, poteva estendersi anche per sei anni consecutivi.

Come accadde a Giulio Petrilli, arrestato 21enne con l’accusa di essere fra i capi dell’organizzazione terroristica Prima Linea. Non era vero, era soltanto un focoso universitario molto attivo con la sinistra extraparlamentare di allora, conosceva personaggi non proprio limpidi ma non aveva nulla a che spartire col terrorismo. I giudici lo condannarono lo stesso a 8 anni per banda armata, così dovette aspettare di essere scagionato da un terrorista “vero”.

Seguirono appello e Cassazione, con assoluzione piena e definitiva. Era la fine degli Ottanta, il nuovo codice di procedura penale introduceva l’indennizzo per ingiusta detenzione. Lui lo richiese, ma gli risposero picche: “Per cose vecchie non si può”. Ci riprovò più tardi - grazie a spiragli normativi - ma fu di nuovo “No”: aver frequentato tipi loschi era una “colpa grave” e tale da non dargli diritto a una lira. Ci ha riprovato tutta la vita, poi l’altro giorno è stato colto da un’embolia polmonare e se n’è andato a 65 anni.