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di Errico Novi

Il Dubbio, 9 febbraio 2024

Schlein all’evento sull’emergenza penitenziaria: “Perdo voti? Non m’interessa: e poi se rieduchi, riduci i reati”. Rita Bernardini ha appena finito di parlare. Ha sferzato platea e dirigenti dem, all’evento del Nazareno su “Emergenza carcere, la svolta necessaria”. Sussurra: “Gliel’ho detto: volete che il centrodestra discuta di liberazione anticipata speciale? E allora non è che gli mettete prima due dita negli occhi”. La presidente di Nessuno tocchi Caino li ha appena avvertiti: “Dovete dialogare con la maggioranza”. Sul “banco”, lo stato maggiore del Pd sulla giustizia.

Nella splendida sala al terzo piano di Sant’Andrea delle Fratte si alternano a moderare il convegno la responsabile di dipartimento Debora Serracchiani, i capigruppo in commissione di Camera, Senato e Antimafia, cioè Federico Gianassi, Alfredo Bazoli e Walter Verini. Ci sono Anna Rossomando e, seduti in platea, Laura Boldrini, Paola Balducci e David Ermini. Ti aspetteresti un’invettiva ininterrotta contro Giorgia Meloni e Carlo Nordio sul decreto Caivano, sull’inerzia che non si scalfisce neppure di fronte ai 16 suicidi dietro le sbarre in poco più di un mese. E per carità, la polemica da partito d’opposizione non manca.

Ma prima Serracchiani prima e poi Elly Schlein, che chiude il lungo incontro pomeridiano, hanno un linguaggio diverso. “Ci dicono sempre che sul carcere non si raccolgono consensi: non m’interessa minimamente”, scandisce la segretaria. E la responsabile Giustizia: “Ci è stato chiesto di dialogare: non è facile con chi respinge tutte le nostre proposte. Ma lo faremo”. Poi Serracchiani si rivolge a Glauco Giostra, intervenuto a inizio convegno, capace cdi commuovere con l’appello finale all’utopia e a Eduardo Galeano, ma anche severo nel ricordare che proprio il Pd prima gli chiese di guidare gli Stati generali e poi lasciò scivolare nel nulla la riforma Orlando, prodotta da quei lavori: “Ripartiremo da lì”, assicura la dirigente del Nazareno, “ci impegneremo in tutti i luoghi possibili”.

Le senti, Schlein e Serracchiani, e nonostante i rimbrotti di Bernardini, sembra di rivedere per un attimo Marco Pannella. Sono pronte, con Andrea Orlando silenzioso in platea nel giorno del suo compleanno, a “sfidare chi insiste a dissuaderci”. Perché, come dirà Elly a fine giornata “investire sul carcere, affrontare il sovraffollamento e la tragedia dei suicidi, significa in realtà tornare a una pena che rieduca e che garantisce la sicurezza dei cittadini”. Sul carcere, il Pd sfodera un coraggio radicale. Pronto a sfidare la retorica manettara, dunque la stessa indole degli alleati 5 Stelle. Ma innanzitutto in direzione ostinata e contraria rispetto alla destra “ordine, disciplina e sicurezza”, come segnala un altro degli ospiti, il professor Mitja Gialuz, che prende il tetro slogan non da Videla ma da un “manuale” della polizia penitenziaria.

Gli esperti invitati dal Partito democratico spiegano innanzitutto come si sia arrivati a un sovraffollamento del 128%, dati forniti dall’ex garante Mauro Palma, primo dei relatori. Interventi di grande spessore, che a intervalli regolari arrivano a commuovere. Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere penali, inchioda l’uditorio: prima ricorda che “se noi avvocati penalisti domani (oggi per chi legge, ndr) completeremo la nostra tre giorni di astensione dalle udienze, è in gran parte per il dramma della condizione carceraria”. Poi, in anteprima sull’inaugurazione dell’anno giudizario Ucpi in programma oggi a Roma, Petrelli spiega: “Vedete, il carcere è una sofferenza terribile, diversa da tutte, perché non deriva né da un malanno né da un lutto, ma è inflitta al condannato da altri esseri umani. Cioè da noi, e perciò a tutti noi quella sofferenza impone un’enorme responsabilità”. Come pure Giostra aveva fatto splendidamente all’inizio, il leader dei penalisti descrive il giustizialismo e avverte: “Abbiamo lasciato andare per anni gli istinti dell’opinione pubblica. Ora tornare a domesticarli è difficilissimo. Eppure è indispensabile, perché una società democratica non sopravvive a un’istituzione carceraria come quella che abbiamo lasciato degenerare”.

Poco prima, dopo aver sentito Palma e Giostra, l’ex presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia Giovanni Maria Pavarin aveva detto: “Se vi ascoltassero, quei milioni di elettori che disertano le urne ci penserebbero un attimo”. Claudio Castelli, già presidente di Corte d’appello Brescia, chiarisce che “riadattare le vecchie caserme”, come ipotizza Nordio, “serve a nulla: per garantirne la sicurezza ci vorrebbero più agenti che detenuti”.

Serracchiani alla fine assicura: “È solo il primo passo: porteremo ovunque la nostra battaglia sul carcere”. Lei e Schlein recepiscono subito l’assioma veicolato da tutti i relatori: la sicurezza dipende da come si esce dal carcere, se rieducati o più rabbiosi di prima. La segretaria ammette che “ha ragione Petrelli: la politica non ha mai avuto un buon rapporto con il carcere. Ma noi vogliano prenderci la responsabilità di cambiare questo rapporto”. Bernardini, in sciopero della fame dal 23 gennaio, sorride a denti stretti. Ci fosse stato il vecchio Marco, sarebbe corso verso Elly e le avrebbe dato un bacio.