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di Simona Pletto

Libero, 12 gennaio 2024

Fanni Sisinia, 74 anni, l’altro ieri sera, nella sua casa di Bonagia, a Palermo, ha strangolato la figlia Maria Cirafici di 44 anni, con problemi di depressione. La madre reo confessa dell’omicidio della figlia, è stata arrestata ed è finita in carcere. Fanni è la detenuta numero 2.541 nella fascia degli over 65, su un totale di 51.179 carcerati, di cui 18.894 stranieri per un costo giornaliero di 152 euro al giorno. Un popolo in costante crescita quello dei “nonni” tra le sbarre (deteniamo il primato nella Ue per detenuti ultra sessantacinquenni), nonostante la legge preveda che - in via ordinaria- 70 anni sia il limite massimo per la privazione della libertà per motivi di giustizia. In realtà non c’è alcun automatismo. Ogni caso viene valutato a se, e il destino di questi anziani in bilico tra carcere, detenzione domiciliare o strutture alternative, è sempre nelle mani del giudice di turno.

Risultato: negli istituti penitenziari italiani alla fine dello scorso anno erano presenti oltre mille detenuti con più di 70 anni di età (993 solo nel 2021 secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), più del doppio di quanti ce ne fossero dieci anni prima. Non mancano i reclusi che hanno raggiunto la soglia dei 90 anni, soprattutto gli ergastolani che sono al 41 bis. Anziani con le ovvie patologie legate alla loro età, compresi i tumori. Molti altri di loro, comunque, non hanno commesso gravissimi reati. Eppure, per tanti, l’ipotesi di detenzione domiciliare - che ha una finalità umanitaria dettata dalla circostanza che il superamento di una certa soglia di età comporta - in alcuni casi non viene applicata.

Poi ci sono i casi di disperati, di persone sole che non hanno più legami familiari, molte provenienti dalla strada. Vista l’età e la malattia, potrebbero accedere alle misure alternative, il problema è che non ci sono posti. E il carcere, che rimane l’unica accoglienza possibile, si trasforma inevitabilmente in un deposito. E infine ci sono gli anziani che i giudici considerano recidivi, oppure pericolosi socialmente.