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di Vincenzo Bisbiglia

Il Fatto Quotidiano, 15 agosto 2023

Trasformare le ex caserme in carceri? Un refrain annoso. Lo stesso ripetuto ancora ieri al Corriere della Sera dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il bilancio di questa “intuizione”, perseguita da quasi un quarto di secolo, parla chiaro: decine di dichiarazioni, altrettante riunioni effettuate ma nessun risultato tangibile ottenuto. Il motivo è che è tutto molto difficile, quasi impossibile. E gli ostacoli sono di varia natura: logistici, economici, urbanistici.

Su tutto il territorio nazionale, stima l’Agenzia del Demanio, vi sono circa 1.500 caserme non utilizzate o abbandonate. Molte si trovano nel nord-est del Paese, realizzate negli anni della Guerra fredda. Di queste strutture non esiste un elenco pubblico ufficiale, molte sono ancora in dotazione al Ministero della Difesa, utilizzate dall’Esercito come depositi. Tecnicamente dovrebbero passare al ministero della Giustizia attraverso il Demanio, iter molto difficile. “Quando il Comune di Roma negli anni scorsi si interessò all’acquisizione della ex ‘Ruffo’, non lontano da Rebibbia, il ministero ci chiese 19 milioni di euro perché avevano un problema di trasferimento di materiali”, racconta Luca Montuori, ex assessore capitolino all’Urbanistica con Virginia Raggi.

Al Ministero della Giustizia, l’ultimo protocollo d’intesa per adibire una caserma a carcere risale al maggio 2020 e riguarda la ‘Barbetti’ di Grosseto, ad oggi effetti l’unico progetto ufficialmente in piedi. L’accordo fra Giustizia, Difesa e Demanio fu siglato nel 2000, ben 23 anni fa. Solo a novembre 2022 il comune di Grosseto ha annunciato lo “sblocco” della pratica per una struttura da poche decine di posti: a marzo è partita la procedura per “l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria per frazionamento e operazioni di tipo mappale e catastale ai fini dell’acquisizione” da parte del Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria. In altre parole, siamo solo alle fasi preliminari.

Gli ultimi casi, poi, non lasciano spazio a facili ottimismi. A gennaio 2020 venne l’idea di utilizzare una parte delle caserme “Capozzi” e “Milano” di Bari, proprio dove dovrebbe sorgere il “Parco della Giustizia”, riunificando i diversi uffici giudiziari sparsi per la città. Ma del progetto si sono perse le tracce, mentre nel maggio scorso sono partite le demolizioni fra le proteste degli ambientalisti che denunciano la privazione di un “polmone per la città”. A giugno 2019, invece, a Napoli è stato firmato il protocollo per la trasformazione della caserma “Battisti” in una Icam, istituto per detenute madri, o una struttura minorile.

L’immobile si trova a Bagnoli, zona della ex Italsider. I residenti protestarono a lungo perché sarebbe stata messa a repentaglio la vocazione turistica del territorio e, alla fine, l’allora ministra del Sud, Mara Carfagna annunciò: “Il governo Draghi non ha nessuna intenzione di destinare la caserma ‘Battisti’ di Bagnoli ad istituto penitenziario. Ho appena parlato con la collega Marta Cartabia e abbiamo concordato in proposito”. Discorso chiuso, insomma. Risale allo stesso periodo l’ipotesi della riconversione della caserma “Bixio” di Casale Monferrato: progetto annunciato, discusso e rilievi eseguiti. Ma, anche in questo caso, nulla di fatto. Ha dovuto prenderne atto lo stesso ministro Carlo Nordio, lo scorso 18 gennaio al Senato, ammettendo di aver “avviato le procedure di restituzione all’Agenzia del Demanio dei relativi compendi immobiliari”.

Fa scuola a sé il caso romano. Sono 15 le caserme inutilizzate nella Capitale, 6 quelle per cui è iniziato l’iter di passaggio al Campidoglio e solo 2 quelle davvero “convertite” in 30 anni: l’ex ‘Sani’, presa in carico dalla Sapienza, e l’ex “Guido Reni”, che Roberto Guatlieri vuole trasformare nella Città della Scienza. Insomma, pare che nelle caserme ci si possa far di tutto (a Taranto vogliono costruire addirittura uno stadio del nuoto) tranne che le carceri. “Per la mia esperienza, l’unica che a Roma potrebbe ospitarne uno è la ex Cerimant, sulla Prenestina”, dice ancora Montuori, che però avverte: “Pur non cambiando la destinazione d’uso e il piano regolatore, è necessaria una conferenza dei servizi con tutti gli attori. Servono le autorizzazioni per i servizi e le utenze e la disponibilità dei territori. Senza intoppi, ci vogliono almeno 2 anni”.

Esiste poi il problema del personale. Nordio al Corriere ha ribadito il progetto del governo Meloni di assumere, a stretto giro, di circa 5 mila agenti penitenziari. “Si tratta di un dato non reale, perché nello stesso periodo saranno 3.200 gli agenti pensionati”, dice Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria, che avverte: “L’incremento di personale sarà di meno di 2 mila agenti, mentre la pianta organica manca di oltre 14 unità”. Dai dati del ministero della Giustizia si apprende che i detenuti oggi presenti nelle carceri sono 57.749: circa 6.400 detenuti in esubero oltre la capienza regolamentari, di cui 4.373 che hanno pene inferiori ai 2 anni. “Nordio non deve inventarsi nulla - insiste Di Giacomo - La soluzione? Nel 2022 ci sono stati 83 suicidi in cella, contro i 47 del 2021: serve uno stato di emergenza sulle carceri che permette di individuare subito quattro terreni edificabili, avviare le gare con procedura d’urgenza e realizzare 4 carceri da 700 posti dove piazzare, comodamente, 3 mila detenuti.