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di Luigi Manconi

La Repubblica, 27 settembre 2023

Due piccole note a margine di una vita ricca e complessa, controversa e piena, quale quella di Giorgio Napolitano. 1) L’8 ottobre del 2013 l’allora Presidente della Repubblica inviò un messaggio alle Camere. Un eccezionale documento, senza precedenti nella storia dei discorsi dei capi di Stato italiani, interamente dedicato alle condizioni del sistema penitenziario del nostro Paese. Napolitano richiamava, faceva propria e commentava la sentenza della Corte europea dei diritti umani (Cedu) dell’8 gennaio del 2013, che aveva accertato la violazione, a opera dello Stato italiano e dei suoi apparati, dell’art. 3 della Convenzione europea. Articolo che “pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti” a danno dei detenuti.

Il testo del messaggio è potente e preciso, circostanziato e approfondito. Sulla scorta della sentenza della Cedu si fa un’analisi puntuale dei mali delle carceri italiane e si affronta il tema delle possibili soluzioni: provvedimenti congiunturali e strategie di lungo periodo. Tra le seconde, citando anche una raccomandazione del Consiglio d’Europa, Napolitano parla della necessità di ricorrere “il più possibile” alle misure alternative alla detenzione e di riorientare la politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione. Ma il Capo dello Stato si spinge oltre e scrive della possibilità di emanare provvedimenti di indulto e amnistia.

Napolitano è pienamente consapevole delle critiche, se non della diffusa ostilità, nei confronti di misure di clemenza, ma “di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale e all’imperativo morale e giuridico di assicurare un civile stato di governo della realtà carceraria”, ritiene giunto il momento di riconsiderare la questione. E di valutare l’opportunità di adottare “atti di clemenza generale”. Questo, in estrema e brutale sintesi, il senso del messaggio alle Camere. Nell’introduzione dello stesso, il Presidente della Repubblica parlava della “non felice esperienza di formali “messaggi” inviati al Parlamento senza che a essi seguissero, testimoniandone l’efficacia, dibattiti e iniziative, anche legislative, di adeguato e incisivo impegno”.

La previsione di Napolitano si rivelò giusta: al suo messaggio non fece seguito alcuna iniziativa legislativa, ma nemmeno lo straccio di un dibattito in aula.

2. Nel 1998 Giorgio Napolitano, allora ministro dell’Interno, unitamente alla ministra della Solidarietà sociale, Livia Turco, elaborò un importante provvedimento di politica per l’immigrazione. Con esso, tra l’altro, venivano istituiti i Centri di identificazione ed espulsione (Cie) per migranti irregolari, che - attraverso vari cambiamenti e nomi diversi - corrispondono agli attuali Centri per il rimpatrio (Cpr). Fui tra coloro che si opposero votando contro quella parte della normativa. Ne nacque un aspro dissidio con Napolitano che durò alcuni anni. Quasi due decenni dopo, Napolitano, nell’ultimo scorcio della sua Presidenza, mi affidò un messaggio - letto da Ricky Tognazzi nell’emozione generale - destinato alle persone trattenute nel Cie di Ponte Galeria. Le parole del Capo dello Stato, nel giorno di Capodanno del 2015, in un nonluogo della desolazione contemporanea.