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di Valter Vecellio

huffingtonpost.it, 25 ottobre 2023

Il presidente della Repubblica inviava alle Camere un messaggio sulle condizioni di vita in cui sono costretti detenuti, agenti di custodia e l’intera comunità penitenziaria, cercando di far uscire il Parlamento dalla sua pervicace e oziosa indolenza. Invano. Dolce e beato Paese, l’Italia che ogni giorno celebra e ricorda ogni tipo di anniversario, una “giornata”, una settimana, una ricorrenza. Tanti, fatalmente di qualcuno se ne smarrisce memoria. Si è vittima di malizia se si osserva che se ne è dimenticato uno, giusto dieci anni fa? Il presidente della Repubblica in carica è Giorgio Napolitano. Decide di avvalersi di una sua prerogativa, prevista nel secondo comma dell’articolo 87 della Costituzione: la facoltà di inviare messaggi, nella forma più solenne, al Parlamento. Quello che Napolitano invia a senatori e deputati riguarda le carceri: le condizioni di vita in cui sono costretti detenuti, agenti di custodia e l’intera comunità penitenziaria.

Napolitano interviene per cercare di far uscire dalla sua pervicace e dolosa inerzia il Parlamento; perché la Corte europea dei Diritti dell’Uomo pesantemente e ripetutamente sanziona l’Italia; ed è, non ultimo, sollecitato dalle iniziative e dai digiuni di Marco Pannella e di altri dirigenti e militanti del Partito Radicale. L’Italia si trova in quella che viene definita “una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose”.

Un accigliato e accorato Napolitano individua e indica “la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale”. Denuncia una realtà carceraria che “rappresenta un’emergenza assillante, dalle imprevedibili e al limite ingovernabili ricadute, che va affrontata senza trascurare i rimedi già prospettati e in parte messi in atto, ma esaminando ancora con la massima attenzione ogni altro possibile intervento e non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria”.

Non si limita, il presidente, alla “denuncia”. Responsabilmente si fa carico di suggerire anche una possibile strada da percorrere: ritiene che si debba far ricorso a quelli che definisce “rimedi straordinari”, come l’indulto e l’amnistia, per adempiere “a precisi obblighi di natura costituzionale e all’imperativo morale e giuridico di assicurare un civile stato di governo della realtà carceraria”. “Questioni e ragioni”, conclude Napolitano, “che attengono a quei livelli di civiltà e dignità che il nostro paese non può lasciar compromettere da ingiustificabili distorsioni e omissioni della politica carceraria e della politica per la giustizia”. Già nel luglio 2011 sempre Napolitano, aveva detto che quella delle carceri era “un tema di prepotente urgenza”.

Cambiano gli esecutivi, i senatori e i deputati, l’indifferenza, l’apatia, l’inerzia, l’ignavia restano. Continuano imperterriti a sgovernare come sempre, maggioranze e opposizioni affratellate. È letteralmente fuori controllo, ha abbondantemente superato ogni possibile e tollerabile livello di guardia, il sovraffollamento carcerario (compreso quello minorile). Si prenda l’ultimo, allarmante rapporto Antigone: i penitenziari italiani sulla carta prevedono una capienza di 51.249 posti (ben 3.646 per vari motivi non sono disponibili). Per contro, al 30 aprile risultavano detenute 56.674 persone: il 26,6 per cento in attesa di sentenza definitiva. Il rapporto 2023 Caritas-Migrantes certifica che si registra un consistente aumento degli ingressi di minori in carcere: erano 1.016 nel 2022 (520 gli stranieri). L’ufficio del Garante dei detenuti avverte che la popolazione negli istituti minorili è destinata ad aumentare del 20 per cento, in strutture già ora sature.

Crisi anche per quello che riguarda il corpo della polizia penitenziaria. Sempre “Antigone” sulla base di dati ufficiali raccolti al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, fa sapere che l’organico è di 37.181 unità; gli operativi tuttavia scendono a 32.545, una carenza di organico del 12,5 per cento. Per quanto riguarda questo tipo di carenze, i picchi maggiori si registrano in Sardegna e Calabria: il 20 per cento. Nel 2022 si sono censiti ben 84 detenuti suicidi ufficiali; altri 87 sono morti per “altre cause”: malattia, overdose, omicidio, non meglio specificate “cause da accertare”. In media ogni giorno tre detenuti cercano di uccidersi e vengono bloccati dagli agenti. Lo si dice con il rispetto che la carica e la persona meritano: forse il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe rinnovare il messaggio inviato dal suo predecessore. Quella delle carceri continua a essere un “tema di prepotente urgenza”, dolosamente ignorato.