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di Fabrizio Giulimondi*

L’Identità, 5 marzo 2023

Il tema carcerario è da parecchi anni al centro dell’attenzione della Politica e delle Istituzioni, nazionali ed europee. Prima di tutto per il sovraffollamento, specie dopo la sentenza Torregiani del 2013 che ha visto la Corte di Strasburgo condannare l’Italia per l’alto numero di detenuti nelle celle. In secondo luogo, a causa delle strutture, talora fatiscenti e lontane dall’essere luogo di rieducazione e riqualificazione umana e morale.

Poco invece si parla degli spazi che accolgono i giovani reclusi, in attesa di sentenza o definitivamente condannati. I quotidiani, i talk show ed i social si sono da poco svegliati su questi temi, a seguito dei fatti del Beccaria di Milano, del Pratello di Bologna e di Casal del Marmo di Roma. Al 15 febbraio registriamo 375 ragazzi “ospiti” delle patrie galere per minori, ma non tutti minorenni: 190 sono maggiorenni, di cui 136 fra i 18 ed i 20 anni e 54 fra i 21 ed i 24 anni. La domanda va da sé: cosa ci fanno detenuti di età superiore ai 18 anni, che arrivano persino ai 24 anni, in edifici che dovrebbero essere destinati soltanto ai minori?

Il decreto legislativo 121/2018 - che ha disciplinato in forma autonoma l’ordinamento penitenziario minorile - ha alzato la detenzione custodiate presso gli istituti minorili da 21 anni a 24 anni, qualora il reato sia stato compiuto durante la minore età. Gli stessi operatori che vivono con i ragazzi dentro quelle mura da tempo denunciano gli effetti disagevoli di questa decisione normativa. I ragazzi più grandi rischiano di porsi come “capetti” ostacolando gli sforzi educativi e formativi volti a far ripensare ai giovani reclusi le proprie gesta passate.

Separare i due circuiti trattamentali tornando alla legislazione precedente al decreto legislativo 121/2018? I minori dai 14 anni in poi ed i maggiorenni rientranti nella fascia 18-20 anni da far “dimorare” negli Istituti penitenziari minorili, mentre per quelli di età ricompresa fra i 21 ed i 24 anni consentire il “ritorno” nelle Case circondariali o di reclusione per adulti? Magari con un percorso trattamentale differente in sezioni fisicamente separate?

Il Ministero della Giustizia, nella persona del Sottosegretario delegato al settore minorile Andrea Ostellari, pare stia immaginando un percorso più celere e parimenti incisivo, senza passare per il Parlamento: procedere in seno ai penitenziari minorili, qualora abbastanza spaziosi, alla divisione, sia in termini logistici che educativi, fra la fascia 18-20 e quella 21-24, che rimangono, così, nel circuito minorile; se questa soluzione non risulti in parte o in tutto praticabile, occorre individuare Istituti, possibilmente vicini, ove trasferire i ragazzi della seconda area.

Forse è la volta buona che un sentore di razionalità condito con un pizzico di saggezza e un tocco di lungimiranza conducano, in tempi presumibilmente accettabili, a decisioni utili per detenuti e sicurezza pubblica. *Camera di Scienze Giuridiche della Accademia copernicana di Torino