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di Davide Madeddu

Il Sole 24 Ore, 1 gennaio 2023

Un suicidio ogni cinque giorni. E poi poco personale e una maggiore necessità di interventi per rafforzare la sanità. Per le carceri italiane il 2022 è quello che le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti, viene definito “l’anno nero”. Nel 2022 sono stati 84 i detenuti che si sono tolti la vita dietro le sbarre. A stilare il rapporto sono i volontari dell’associazione Antigone, sodalizio che da anni si occupa di diritti e delle garanzie nel sistema penale. 

Peggio del 2009 - A sentire i volontari che seguono quotidianamente le vicende che riguardano il mondo carcerario “quest’anno, ci si è tolto la vita circa 20 volte in più di quanto non avviene nel mondo libero”. Non solo, “un detenuto ogni 670 presenti si è ucciso”. Per trovare un dato negativo alto è necessario fare un passo indietro di 13 anni. “Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61.000, 5.000 in più di oggi”. 

Segnale preoccupante da non sottovalutare - Ricordando quegli anni e facendo un paragone con oggi Patrizio Gonnella, presidente di Antigone sottolinea che “all’epoca eravamo alla vigilia del periodo che portò poi l’Italia alla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea, per il trattamento inumano e degradante. Alcune iniziative parlamentari furono prese. Non vedere negli 84 suicidi di quest’anno un segnale altrettanto preoccupante delle condizioni in cui versano le carceri del paese è ingiustificabile”. 

Carceri sovraffollate - Un altro elemento che i volontari evidenziano riguarda il sovraffollamento delle strutture penitenziarie che “dopo la deflazione delle presenze a seguito della pandemia, sta tornando a livelli preoccupanti”. “I detenuti sono quasi 57.000. I posti regolamentari sono 51.000, anche se sappiamo che di quelli conteggiati circa 4.000 sono indisponibili - prosegue Gonnella. Possiamo dire quindi, che ad oggi ci sono nelle carceri italiane circa 9.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare. Questo significa aggiungere letti in celle non pensate per ospitare quel numero di detenuti”. 

Spazi troppo piccoli - Poi ci sono le valutazioni effettuate dall’Osservatorio di Antigone dopo la visita in 99 carceri nel corso del 2022. “Nel 39% degli istituti sono state trovate celle dove il parametro minimo dei 3 metri quadrati di superficie calpestabile a testa non era rispettato. Entrare anche solo pochi minuti in una cella dove non c’è neanche questo spazio minimo è un’esperienza claustrofobica - sottolinea Gonnella. Specie laddove le celle vengono condivise da 5-6 persone”. In questa valutazione rientrano anche le strutture e i servizi. “Nel 44% delle carceri Antigone ha rilevato celle senza acqua calda, nel 56% celle senza doccia (che sarebbero dovute non esistere più dal 2005), nel 10% c’erano celle in cui non funzionava il riscaldamento, e in ben 6 istituti (9%) c’era celle in cui il wc non era in un ambiente separato dal resto della cella da una porta”. 

Maggiore attenzione alla salute - Un altro aspetto riguarda poi lo stato di salute dei detenuti, soprattutto dopo la pandemia e l’impatto drammatico “sulla salute mentale di tutti”. “Chi entra in carcere, oggi, è ancora più fragile di quanto non avvenisse in passato”. L’Osservatorio evidenzia poi come “proprio in carcere, la tutela della salute mentale non ha subìto interventi incrementali. All’8,7% dei detenuti era stata diagnosticata una patologia psichiatrica grave, il 18,6% assumeva regolarmente stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi e ben il 42,4% sedativi o ipnotici ed il 18,9% erano tossicodipendenti in trattamento. A fronte di questo c’erano 8,3 ore la settimana di copertura psichiatrica ogni 100 detenuti e 17,2 ore la settimana di servizio psicologico”. 

Manca il personale - C’è un altro elemento che viene evidenziato dall’Osservatorio, e riguarda il personale in cui si passa da “1,8 detenuti per ogni agente” a “un operatore per 93 detenuti”. 

Un sistema da riformare - Per Patrizio Gonnella “il sistema penitenziario è purtroppo immobile”. “Il 2022 non è stato l’anno delle riforme, della modernizzazione, della umanizzazione come si sperava - conclude. È stato invece l’anno dei suicidi. 84 in 12 mesi. Una tragica sequenza di morti che deve farci riflettere. Speriamo di sentire nel 2023 da chi ha responsabilità politica parole miti evocative di umanità”.