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di Fulvio Fulvi

Avvenire, 26 agosto 2023

Intervista al sottosegretario alla giustizia Ostellari: “Previsti totem elettronici negli istituti per consentire ai detenuti di consultare testi e documenti nella loro lingua”.

È confermato: per alleviare la condizione di forte disagio dei detenuti e limitare il numero dei suicidi il governo approverà una modifica del regolamento penitenziario portando da quattro a sei i colloqui telefonici mensili con i parenti, come aveva annunciato alla vigilia di Ferragosto il ministro Nordio in visita alle Vallette di Torino. Si tratta, in sostanza, di un’ora complessiva di telefonate ogni 30 giorni (ciascuna, infatti, ha una durata massima di dieci minuti).

“Il Consiglio dei ministri esaminerà la proposta già a settembre, nell’ambito di un “pacchetto carcere” che stiamo preparando con il collega Delmastro - precisa Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia - ma va chiarito che questo provvedimento allarga e non restringe il regime ordinario vigente. Concede più diritti. Inoltre, sarà previsto un intervento normativo (art. 61 Dpr 230/2000) che permetterà al direttore di un istituto di pena di utilizzare lo strumento delle telefonate per “ragioni trattamentali”. E lo potrà fare senza alcun limite: il principio a cui bisogna rispondere - aggiunge - rimane sempre quello della rieducazione della persona reclusa, e non si parla quindi di un premio”.

Ma cosa prevede, oltre a questo, il “pacchetto” che il governo sta predisponendo?

Nuove regole e diritti che vanno coniugati tra loro. Innanzitutto il rispetto e la tutela di chi opera all’interno del carcere, a cominciare dagli agenti penitenziari e dagli educatori che devono agire con strumenti adeguati. Mi piacerebbe poi, ma il progetto sarà pronto nei prossimi mesi, la realizzazione di “totem elettronici” da sistemare nelle sezioni degli istituti, per dare la possibilità ai detenuti di visionare in digitale i propri documenti, anche i conti correnti personali, per esempio, e, per gli stranieri, tradurre nella propria lingua atti che sono utili alla loro vita dentro il carcere. Lo valuteremo all’esito dello studio di fattibilità.

Associazioni di volontariato hanno contestato, con una lettera inviata a Nordio, Mattarella e a papa Francesco, la proposta di aumentare il “monte ore” di chiamate alla famiglia. La ritengono insufficiente e inadeguata. Ma su altri fronti, che cosa si può fare?

La questione del lavoro rimane fondamentale. C’è la legge Smuraglia che favorisce le assunzioni di detenuti anche dentro il carcere. Però abbiamo visto che esistono parecchie difficoltà da parte delle imprese private ad accedere negli istituti penali per portare merci e attrezzature ed è un impegno maggiore per gli addetti alla sorveglianza. Bisogna metterci mano. Per questo è stata creata una cabina di regia con il Cnel e a ottobre ci sarà un evento pubblico in cui verranno illustrate delle nuove proposte. Inoltre, aziende e cooperative devono essere informate meglio sui benefici fiscali e contributivi che hanno a disposizione se assumono detenuti.

Come risolvere invece il problema del sovraffollamento e delle strutture fatiscenti?

Nuove carceri non se ne possono costruire per il momento: è troppo costoso. Stiamo monitorando caserme ed altri edifici pubblici dismessi per vedere quelli che possono essere riutilizzati anche come strutture per percorsi diversi, per chi deve scontare pene brevi, per esempio o deve essere curato per disagi psichici.

Una riforma complessiva del sistema è ancora lontana?

Prima bisogna intervenire con l’incremento del personale, che è insufficiente, e garantire che in ogni istituto vi sia un direttore, senza più sedi “ad interim’: Lo stiamo facendo con concorsi già banditi e prossime nomine. Il tema carcere in ogni caso deve essere affrontato da molteplici punti di vista e con l’apporto di tutti, welfare, sanità, Regioni ed enti locali devono svolgere il loro compito. Anche perché i disagi dei detenuti, se non si riesce a limitare le recidive e ad applicare il principio della pena come rieducazione, poi li paga l’intera comunità. E non va dimenticato il personale che soffre a causa di aggressioni e violenze e ha bisogno di sapere che lo Stato è dalla loro parte.