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di Rosanna Borzillo


Avvenire, 20 settembre 2019

 

A San Gennaro, carcerato e decapitato per essere andato a fare visita ai suoi amici detenuti, la Chiesa di Napoli affida il nuovo Anno pastorale, la città, i suoi giovani, le sue tante emergenze. In Cattedrale, dove ieri mattina alle 10.04 si è ripetuto il prodigio della liquefazione del sangue, il cardinale Crescenzio Sepe chiede al martire della fede, il coraggio della speranza. "Da Gennaro ci viene una testimonianza di quell'amore che è più forte di ogni paura e rassegnazione. Di questo stesso amore ha urgente bisogno la nostra amata Napoli per ritrovare la sua grandezza e dare fiducia a quanti hanno scelto di abitarla e amarla". Nella sua omelia Sepe descrive una città "in cui la libertà viene minata e la vita per i cittadini è difficile e proibitiva".

Parla di "disuguaglianza sociale", di bambini "abbandonati a se stessi che scelgono come "casa" comune del loro svezzamento sociale la strada" definita "la bottega di primo apprendistato per la malavita". Ma parla soprattutto di disoccupazione giovanile, di emergenza lavoro, di evasione scolastica.

"Quando ai giovani - dice - si chiudono le porte del lavoro o dello studio, è inevitabile pensare alla gravità delle conseguenze perché è questo l'ingranaggio che perpetua la "catena" del disagio". Sepe denuncia "i sicari di odio e di violenza che tentano di uccidere sul nascere la possibilità di fare futuro, quindi di porre le basi per la crescita di una comunità naturalmente orientata al bene comune". Denuncia il "lavoro negato, l'istruzione mancata, i servizi sociali inadeguati e il diritto alla salute insoddisfatto che danno il via libera a tutto ciò che alimenta le organizzazioni criminali ed è contro il futuro di questa città".

Ma il grido dell'arcivescovo si alza soprattutto contro la piaga dell'evasione scolastica: "ogni banco vuoto lascia pensare a quei bambini avviati a delinquere, alle baby-gang che si trovano a prendere "lezioni" dalla strada sui "modelli" che regolano le gerarchie del crimine".

Nell'omelia - pronunciata dinanzi a padre Mjkail della Chiesa ortodossa russa, al pastore ortodosso rumeno Filippo Bogdan, a una delegazione della diocesi di Saluzzo, guidata dal vescovo Cristiano Bodo, a una delegazione del museo diocesano di Monaco, guidata dal direttore Christoph Kurzeder, al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, al sindaco Luigi De Magistris, al prefetto Carmela Pagano, al principe don Jaime di Borbone e a tante altre autorità religiose, civili e militari - Sepe accenna anche ai 70mila giovani emigrati che hanno lasciato il Sud. Poi, prosegue: "Non basta lo sdegno occorre mettere mano con coraggio a ciò che può portare a una reale e concreta inversione di tendenza".

Dal martire lo slancio per "riempire di nuovo, ad uno ad uno, quei banchi vuoti dell'evasione e fare in modo che anche i vuoti sociali possano essere colmati da un cambiamento morale e sostanziale che sia espressione di una comunità rinnovata e sana". L'invito di Sepe è "a rivolgersi al patrono come a un fratello maggiore per avere un incoraggiamento, una guida, un accompagnamento".

Come hanno sempre fatto i napoletani con san Gennaro, che si è sempre fatto attivamente e prodigiosamente presente nelle vicende tragiche di Napoli. Il prodigio, infatti, avviene tre volte l'anno: il 19 settembre, nel sabato che precede la prima domenica di maggio, il 16 dicembre. L'arcivescovo, allora, suggerisce di mettere mano, con coraggio, a ciò che può portare a una reale e concreta inversione di tendenza e cioè "creare luoghi di aggregazione o di potenziare quelli già esistenti, di favorire sviluppo e occupazione, di agevolare e sostenere le iniziative lavorative e professionali".