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di Livio Pepino

Il Dubbio, 12 gennaio 2023

Gentile direttore, leggo sul Suo giornale del 10 gennaio l’articolo di Damiano Aliprandi dal titolo “Dal 2009 il ministro non può revocare il 41 bis, si attende la decisione dei giudici”, relativo alla vicenda dello sciopero della fame in atto di Alfredo Cospito per protesta contro il regime di cui all’art. 41 bis ordinamento penitenziario.

In esso, dopo aver citato l’appello rivolto da un nutrito gruppo di giuristi al ministro della giustizia perché “revochi nei confronti di Cospito, per fatti sopravvenuti e in via interlocutoria, il regime del 41 bis” si afferma che “il Governo Berlusconi, in particolar modo l’allora guardasigilli Angelino Alfano, ad opera dell’art. 2, comma 2, legge n. 94 del 2009, ha abrogato il comma che dava la possibilità al ministro di revocare il 41 bis con decreto motivato. Quindi, tecnicamente, il potere politico ha le mani legate e si aspetta, infatti, la decisione della Cassazione a seguito del ricorso del legale di Cospito contro il diniego del tribunale di Sorveglianza di Roma”.

Essendo tra i sottoscrittori dell’appello mi corre l’obbligo di una precisazione. I fatti non stanno così. È vero che l’art. 2, comma 25, lett. e della legge n. 94 del 2009 ha parzialmente riscritto l’art. 41 bis ordinamento penitenziario, abrogandone, tra l’altro, il comma 2 ter che dettava la disciplina della revoca, da parte del ministro, del provvedimento applicativo della misura e delle possibilità di reclamo dell’interessato.

Ma ciò non ha in alcun modo intaccato il potere ministeriale di revoca, come pacificamente ritenuto da tutti i commentatori. Si veda, per esempio, F. Della Casa e G. Giostra, Ordinamento penitenziario commentato, 5^ ed., Cedam, 2015, in cui si legge: “È evidente che, ove muti il quadro a carico del destinatario (ad esempio per una scelta di collaborazione con la giustizia o perché muti il suo status processuale) debba intervenire revoca, senza ovviamente attendere la scadenza naturale del decreto ministeriale, rientrando la facoltà di revoca nella disciplina generale degli atti amministrativi”. Del resto, se così non fosse, si perverrebbe all’assurdo che il detenuto in regime di art. 41 bis il quale recida i collegamenti con l’organizzazione di appartenenza collaborando con gli inquirenti e facendone arrestare tutti i componenti dovrebbe continuare a restare, magari per anni, in tale situazione.

Il ministro della giustizia, dunque, poteva prima della legge n. 94 del 2009 e può oggi revocare, per fatti sopravvenuti, il decreto applicativo del 41 bis nei confronti di qualunque detenuto e, anche, di Alfredo Cospito. Può farlo o meno, ma per sua esclusiva scelta e non per vincoli di legge.