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di Giuseppe Gargani

Il Dubbio, 7 ottobre 2023

Siamo ad un anno dalle elezioni politiche del settembre 2022 ed è opportuno tentare un bilancio delle iniziative del governo, delle sue realizzazioni, del suo comportamento. Il bilancio più importante da fare è quello sulla giustizia che è negativo e sotto tanti aspetti preoccupante è pericoloso. Il riferimento alla cultura liberale istituzionale e la convinzione che per risolvere qualunque problema che riguardi la società e il cittadino, ci porta a dire che sia necessario curare la giustizia nel senso del rispetto della libertà della persona, dei suoi diritti fondamentali, del garantismo delle norme necessario per la convivenza civile.

La scelta del ministro della Giustizia nella persona di Nordio da parte della presidente Meloni ci aveva dato grandi speranze e abbiano espresso giudizi molto positivi. La legislatura del 2018- 2022 è stata negativa sul piano della giustizia e delle istituzioni e ritenevo che vi fosse la consapevolezza di ciò nel movimento di Fratelli d’Italia, perché, essendo stato all’opposizione, era sempre stato critico rispetto a tutte le storture legislative operate dai 5Stelle. A quelle storture avevano contribuito in tanti, compreso il Pd che aveva già perduto la stella polare propria di un partito democratico, che è appunto il rispetto delle istituzioni e la ispirazione democratica.

Pensavo cioè che la Meloni, più del suo movimento, volesse rigenerarsi, scrollarsi di dosso la caratteristica di destra… giustizialista e che la indicazione di un rappresentante del mondo giudiziario ma rispettoso della giurisdizione e della libertà delle persone nel governo, servisse per cambiare metodo e strategia. Perché il garantismo è il rispetto delle libertà fondamentali ed è il contrario del giustizialismo che sollecita e alimenta una continua condanna preventiva di tutto e di tutti, a dispetto della Costituzione e delle leggi che pure vi sono! Nordio nei suoi scritti aveva inequivocabilmente sostenuto la necessità di riforme adeguate per ottenere un processo civile e penale, “vero”, con garanzie di tutela della persona.

Siccome, come ormai osservatori attenti mettono in evidenza, la Meloni professa rigorosamente idee diverse da quelle che, con enfasi eccessiva, aveva pronunciato alla Camera per il passato e trasmesse con il suo programma elettorale, si poteva ipotizzare che in materia di giustizia volesse seguire uno schema diverso, con delega piena a Nordio. Abbiamo in tanti sbagliato e riteniamo irrecuperabile la situazione perché si sta andando con lo stesso metodo della passata legislatura e si sono inferte altre picconate al nostro ordinamento giuridico, si sono inventati nuovi reati inutili, si sono aggravate le pene inutilmente per tanti reati con il consenso ahimè! Di Nordio.

Restano le dichiarazioni del ministro Nordio più volte ripetute della necessità di una riforma organica e l’attesa è ancora tanta ma la speranza è minima. Mentre scriviamo la stampa informa che in autunno bisogna dare priorità alle riforme istituzionali e quindi la riforma del pm e del giudice può aspettare. Non posso non rilevare che un Parlamento che approva in materia di giustizia quello che il governo ha proposto in questo anno non può affrontare riforme importanti e sistematiche: questa la valutazione di tanti.

Da cinquant’anni è costante una levata di scudi da parte della magistratura e della sua Associazione contro qualunque riforma con argomenti che non fanno onore a giuristi che fanno esperienze particolari, e che se fossero sereni, dovrebbero ammettere, per fare l’esempio più clamoroso, che il processo penale non va, è un falso perché il processo accusatorio si svolge tra le parti con il giudice “terzo”.

Eppure registriamo ogni giorno lezioni da parte dei pubblici ministeri che dovrebbero tenere a mente che, nonostante tutto, nei processi di Tangentopoli e nei processi della mafia sono stati vistosamente disattese le loro “indagini” e le loro richieste, da parte dei “colleghi” giudicanti fino alla Cassazione. Come mai non fanno ammenda e evitano di discettare?

Le riforme indicate nel programma di Nordio avrebbe un significato particolare perché risolverebbero tanti problemi che ostacolano il percorso sereno della magistratura e forse risolverebbero il problema grave per la democrazia della prevalenza del potere giudiziario sul potere politico che ha alterato fortemente l’equilibrio di poteri.

La “cultura della giurisdizione” sempre indicata dall’Associazione dei magistrati come necessaria per i pm è importante certamente perché essa, non è altro che “amore” per un processo sereno e regolare come il codice richiede!

La prevalenza assoluta dell’accusa per la posizione anomala del pm è il contrario della cultura della giurisdizione, ma determina un falso potere che inquina il giudizio. Le correnti all’interno della magistratura per il passato avevano un grande significato perché approfondivano questi problemi ma ora sono un male, non hanno un valore culturale e dialettico e le funzioni diverse irrigidiscono il rapporto e quindi alimentano le divisioni.

Ma queste divisioni all’interno della magistratura e i contrasti con le altre istituzioni sono alimentate, ahimè!, in questi giorni da una presa di posizione del presidente del Consiglio contro l’ordinanza del giudice di Catania che non ha convalidato il trattenimento di alcuni migranti come previsto da un decreto-legge del governo.

Non possiamo non constatare che l’onorevole Meloni non si è limitata a criticare e a non condividere la decisione del giudice, cosa più che legittima, ma ha detto che il responso del popolo che ha legittimato questa maggioranza di governo non può essere messa in discussione per “favorire l’illegalità” e.… che i magistrati che decidono in quel modo sono “scafisti in toga”.

Non si può non riconoscere che questa espressione pronunziata da un presidente del Consiglio mette il governo fuori dallo spirito della Costituzione Repubblicana e dalla separazione dei poteri fondamento della democrazia moderna, e davvero compromette l’equilibrio dei poteri. Una cosa è criticare l’assoluta prevalenza del giudiziario sulla politica e porre riparo con riforme adeguate che finora, come detto, il Parlamento non fa, altra cosa auspica la prevalenza del legislativo giudiziario.

D’altra parte uguale forte critica meritano le dichiarazioni fatte al Congresso di Magistratura Democratica, il congresso “politico” di Palermo della settimana scorsa, nel quale si è ripetuto quello che il procuratore generale Nello Rossi aveva detto qualche settimana fa. “Dobbiamo uscire dalle aule dei tribunali” si dice nel comunicato conclusivo “è partecipare al dibattito pubblico per spiegare ai cittadini che il drastico ridimensionamento del controllo giudiziario prima di ogni altra cosa colpisce l’effettività dei loro diritti, coinvolgendo nella riflessione e nella critica le voci politiche, sociali e culturali che sono più affezionate al bilanciamento tra i poteri garantito dalla Costituzione, ma anche l’avvocatura ed il personale amministrativo, che con noi partecipano alla costruzione della giurisdizione”. Questo non è assolutamente il compito della magistratura.

Le prese di posizione del governo e quelle dei magistrati sono entrambe inaccettabili e pericolose per la democrazia: ci portano fuori dallo spirito e dalle norme della Costituzione. Il ministro della Giustizia deve intervenire per evitare questa deriva.